Il percorso: Portoferraio-Barcellona e ritorno |
Dopo giorni e notti di faticoso lavoro per preparare la barca, Federico è salpato da Portoferraio (Isola d’Elba) l’8 settembre per il percorso di qualifica alla Mini Transat del 2013.
Si tratta di un anello di 1000 miglia da compiere in solitario, ed è necessario riuscire a completarlo per essere ammessi alle regate più ambiziose della classe Mini. Serve a dimostrare al comitato di gara di essere in grado di passare da solo, in mare, due settimane, tornando con lo stesso grado di sanità mentale che si aveva alla partenza, e avendo anche voglia di tornare in mare per una regata. Essere veloci non è necessario, non c’è un tempo minimo da rispettare; tuttavia i ministi sono velisti molto competitivi, e fare un buon tempo conferisce visibilità e buona fama.
In media ci vogliono due settimane, ora Federico ed il suo Mini è all'ingresso del golfo del Leone, portato da un vento a favore che ha reso la navigazione rilassata. ora è diretto verso una boa nel golfo, per poi puntare verso Barcellona. Domani sera il vento dovrebbe girare, e diventare contrario: quindi ogni metro percorso prossime ore sarà un metro di meno da sudare contro il maestrale. Per questo Federico deve cercare di avanzare il più possibile, spremendo tutte le sue capacità.
ITA556 pronta al via |
A cosa serve la qualifica? Dopo la Mini-Transat del 1999 – durante la quale circa metà della flotta abbandonò e molti segnali EPIRB (segnali di soccorso lanciati con il satellitare) furono lanciati – la Classe Mini, fortemente incitata dalla Federazione Francese Vela, ha dovuto reagire. Abbiamo dunque previsto una qualifica in due tempi: 1000 miglia in solitario su un percorso prestabilito e 1000 miglia in regata, in solitario o in doppio con almeno una regata in solitario. In tutto 2000 miglia effettuate dalla coppia skipper/barca che desidera prendere parte a una regata di classe A (Regate aventi un percorso di lunghezza superiore alle 1000 miglia nautiche.). L’obiettivo è piuttosto semplice: permettere a coloro che si candidano a una regata di classe A di prendere coscienza del proprio reale livello tecnico e delle proprie attitudini psicologiche rispetto alla navigazione in solitario. Traversare l’Atlantico in solitario non è un’avventura che non presenta alcun rischio. Comporta un vero e proprio coinvolgimento personale, è un’esperienza in cui ci si è responsabili del proprio destino: nel bel mezzo dell’oceano non si può contare che su se stessi. E le qualifiche, ed in particolare i percorsi imposti sono stati pensati proprio per preparare i concorrenti.
Diversi skipper, anche illustri, non sono riusciti a completare il percorso al primo tentativo. Non è evidentemente questione di bravura: è necessaria preparazione, resistenza e anche un po’ di fortuna. Perché non esiste marinaio che può trovare piacevole il Mediterraneo con avverse condizioni di vento e onda, spesso difficili da prevedere per una navigazione così lunga, su una barca di 6 metri e mezzo. Si tratta di un considerevole sacrificio e, nonostante si disponga della volontà, ad un certo punto, potrebbe essere il proprio fisico a cedere. A quel punto, prima di essere costretti a premere il bottoncino rosso dell’Epirb e richiedere soccorso perché non si riesce più a stare in piedi, è più corretto ritirarsi: ricoverare in un porto per tentare nuovamente l’impresa il mese successivo.
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Buon vento, Federico!