Federico Cuciuc nel suo covo romano |
Il “piccolo” Federico ha uno sconfinato amore per il mare e da “buiuc”, che in turco significa grande, vuole fare il marinaio vero, così afferma quando spiega cosa fa nella vita. L’ho incontrato nella sua casa romana, un piccolo appartamento ingombro di tutto quello che può esserci nei gavoni di una barca, dove il disordine regna sovrano, ma solo in apparenza perché poi scopri che ogni cosa è nel posto giusto, pronta per essere afferrata quando è prossimo il via a una regata. “La vela non sapevo neanche che esistesse, dice quando si racconta, il mare era qualcosa che viveva nella mia immaginazione d’estate, in vacanza. Però a 18 anni, con i primi soldi guadagnati mi sono permesso un corso di vela di alfabetizzazione e di iniziazione che feci sul lago di Bracciano. Da quel momento tanto mi è piaciuto che non ho più smesso di andare in barca. Mi sono insediato nel circolo velico dove ho collaborato in cambio dei pasti, passavo lì due o tre giorni a settimana.”
“Mentre le altre cose che facevo erano semplici con percorsi accessibili, nella vela, continua a dire, la cosa che mi ha conquistato subito è che è tremendamente difficile e poi per l’effetto che provi nel confrontarti con la realtà. Ho trasformato la mia vita per adattarmi a questo.”
Da quel giorno di quindici anni fa, con grande perseveranza, Federico, per diventare “buiuc, marinaio vero” è arrivato a elaborare l’ambizioso progetto di essere ammesso a partecipare nel 2013 alla Transat 6.50.
La Transat è una regata atlantica che si corre ogni due anni e mezzo in solitario su Mini di sei metri, con partenza dal Porto di La Rochelle in Bretagna ed arrivo a Salvador de Bahia in Brasile con una sola tappa a Puerto Calero (Lanzarote). È stata creata nel 1977 dall’inglese Bob Salmon, come risposta al gigantismo finanziario e ultra tecnologico delle regate transoceaniche.
Il percorso della Transat |
Federico ha cominciato a lavorare da piccolo, a 14 anni vendeva le matite ai semafori, prima ancora di prendere il diploma di perito elettronico ha insegnato informatica tenendo corsi di aggiornamento per insegnanti di scuola media superiore, all’Upter, l’Università popolare per la terza età di Roma.
“La passione per l'informatica, una cosa facile da fare e così richiesta dal mercato, mi confessa, è nata perché mi ha dato da subito la possibilità di lavorare in modo indipendente e di essere il più possibile libero, nonostante le difficoltà che si hanno nel trovare una occupazione nel mondo del lavoro.
Cuciuc in regata con il suo Dingo ITA556 |
Ma per Cuciuc, passo dopo passo, anzi strambata dopo bolina stretta, la passione per il mare e la vela si è trasformata in una attività professionale.
“L’informatica, spiega, mi dà belle soddisfazioni però oltre un certo punto non ho voluto mai fare contratti lavorativi più grandi di tanto oppure impegnarmi con delle scadenze, proprio perché c’è sempre il momento che io prenda il largo per uno o più mesi. Quindi mi sono dimensionato per avere soltanto piccoli rapporti di lavoro, piccoli progetti che non durano mai più di un inverno. La scelta di fondo è quella di essere libero da scadenze e impegni pressanti. Per andare in barca ho lavorato di meno trovando un compromesso che mi ha permesso, avevo 19 anni, di comprare un Finn classe olimpica degli anni ’50, una deriva molto tecnica e impegnativa. Volevo fare subito le regate perché avevo capito che quello era il modo per imparare. Poi ho comprato una barca del 1978, subito dopo un albero in carbonio, poco dopo ho rischiato di vincere il campionato regionale in quella classe.”
“Subito dopo ho cambiato categoria, continua nel suo racconto, passando al Contender più adatta a me consigliato dal mio primo maestro Filippo Barone che mi ha anche insegnato il mestiere di istruttore di vela. Poi nelle regate ho conosciuto Luca Polenta, un regatante puro, un vero professionista della vela che mi ha insegnato ad andare per mare in modo completamente diverso da come l’avevo conosciuto con la scuola vela. Con il Contender ho passato quattro anni facendo regate sul lago e nel litorale romano, trovando con il lavoro un compromesso. Quando ho iniziato a lavorare a 18 anni guadagnavo più di sette milioni di lire al mese, tantissimo: era troppo presto per guadagnare quelle cifre, così ho ridotto il mio lavoro a un terzo. Era la mia crescita personale e sportiva: la conoscenza in cambio dei soldi.
Ho trasformato la mia vita per adattarmi a questo, solo che a un certo punto i miei risparmi erano finiti: tutto costa, viaggiare fare le regate, acquistare le attrezzature, le vele, pagare l’affitto per continuare a vivere da solo.
ITA 556 in regata |
Questo “infortunio” l’ho considerato un colpo di fortuna, perché attraverso questa necessità ho dovuto trovare il modo di guadagnare di più. Per due anni ho così smesso di fare scuola vela e regate, dedicando più tempo al lavoro ho quadruplicato il mio reddito di allora, tanto da far diventare accettabile quella rata.”
Cuciuc su ITA294 classe Contender |
Ma Federico, anche se lontano dalla vela, trova un altro modo meno costoso di vivere il mare iscrivendosi a un corso di subacquea prendendo due diplomi oltre a fare un corso di apnea. Ma dopo un paio d’anni di questa vita la nostalgia era forte così inizia a fare attività charter con barche da diporto dai 10 ai 16 metri che prendeva a noleggio. “Non ho svolto, ricorda, una vera e propria attività professionale, anche perché riuscivo a malapena a coprire le spese, ma ho creato un gruppo di amici abbastanza numeroso che imparavano ad andare in barca facendo le ferie. Molti di loro si sono appassionati hanno preso la patente nautica, tanto che da quando non faccio più questa attività, si organizzano le crociere da soli. Per me il vero guadagno come al solito era l’esperienza che acquisivo. A quel punto ero stabilizzato con il mio lavoro e sentivo di poter fare di più nella mia vita, che non sarà nell’informatica. Nel 2010 la svolta, ho interrotto l’attività di charter, e ho deciso di convogliare le mie energie, la mia esperienza, la mia capacità la mia voglia di fare sempre di più in un nuovo progetto sulla vela più difficile, più impegnativo: ovvero la Transat 6.50 una classe open, ovvero la barca deve esser lunga sei metri e mezzo, larga tre, pescare un metro e sessanta. Dentro questo guscio ognuno può fare quasi ciò che vuole, ovvero all’interno di un insieme di regole che riguardano i materiali, le misure, e naturalmente la sicurezza dell’imbarcazione..
Era un’idea che avevo già da tempo, così alla fine del 2010 siccome avevo un po’ di soldi, grazie alla crisi ho potuto acquistare una barca che solo un paio di anni fa sarebbe costata il doppio. Prima per una barca usata in buono stato ci volevano circa 70mila euro, mentre ora si prende con circa la metà. Comunque per me era sempre troppo, non avevo tutti questi soldi, così ho chiesto un prestito, ho puntato su un mini di un progetto non troppo popolare che non ha avuto un grande successo, si chiama Dingo ed è prodotto in poche unità dal cantiere bretone Marée Haute.
La barca aveva un nome, Ostrogo che non ho cambiato ora si chiama semplicemente con il numero di gara: ITA556. In realtà nel mio progetto 2012/2013 il nome è parte della visibilità che offro a un possibile sponsor anche se purtroppo in Italia la vela non è considerata ancora come mezzo di comunicazione, è difficile trovare aziende che investano.”
Ma il progetto di una regata in solitario non si può fare da soli, occorre mettere in piedi una sorta di piccola azienda per la comunicazione, la gestione dei mezzi tecnici, gli acquisti, la logistica. E Federico non è da solo in questo progetto, ci sono molte persone che lo aiutano, in primis suo padre, Pino per gli amici, che risolve ogni problema di cantiere e di manutenzione. Cosa importantissima, perché dopo ogni regata la barca va rivista da capo a piedi, bisogna controllare il serraggio di ogni vite, è un lavoro continuo.
“Poi ci sono tanti amici, spiega ancora Federico, tutti disponibili ad aiutarmi nelle mille cose che ci sono da fare ai quali non chiedo denaro. Anche se non possono impegnarsi in modo continuativo, vengono quando mi alleno, quando ci sono le regate. Insomma ognuno dà il contributo che può. In pratica ho una squadra di amici sempre pronta, per esempio, per la ricerca dello sponsor che significa contattare un migliaio di aziende, per creare il progetto, il piano di comunicazione, ognuno fa una parte di questo lavoro.
ITA 566, interno |
Così si crea il budget, la somma necessaria per un anno di regate: i francesi, maestri in questo, nella categoria mini hanno un budget di 150mila euro/anno che consente di spostare la barca, l’equipaggio, la manutenzione, le vele la logistica, ecc tutto quello che serve per fare una stagione completa di regate. Io invece sono orientato a fare il doppio con la metà! anche perché ora questa è la mia condizione. .
Tutto ciò per fare la transat del 2013! È già difficile arrivare ad iscriversi, perché occorre fare delle miglia qualificative. Per motivi di sicurezza l’associazione francese Classemini, in seguito ad alcuni gravi incident, non permette più di partecipare se non si è in grado di reggere la competizione, così come lo skipper deve avere l’esperienza necessaria presentandosi con un certo numero di miglia qualificative. Io già mi trovo le miglia qualificative in regata, in agosto forse riesco a fare anche le mille miglia fuori regata (un percorso che si snoda da Giannutri fino a Barcellona quindi probabilmente già nel 2012 sarò già qualificato per partecipare alla Transat 2013. Quindi avrò tutto un anno a disposizione per prepararmi, magari facendo anche regate in Atlantico in Bretagna. A me non basta fare solo la Transat voglio costruire un valore umano e professionale ancora superiore. Vorrei riuscire a fare la Transat con il miglior risultato possibile, con l’attrezzatura e il budget che riuscirò a costruire, perché anche quella è una sfida, riuscire a organizzare una struttura intorno a te per centrare un obiettivo.
Le regate in solitario sono molto impegnative, sono estreme, richiedono una grande preparazione perché c’è una gestione del fisico molto particolare come l’alimentazione e la privazione del sonno. Per far correre la barca non ti puoi permettere di dormire 4 o 5 ore, quindi devi modificare il ciclo del sonno ed essere capace di dormire per cicli più brevi, dormire a volte dieci minuti ogni due ore a ciclo continuo quindi sviluppare tutte le tecniche che ci sono nel mondo dell’offshore per ottenere buone prestazioni. La difficoltà non è tanto fare quelle 4mila miglia, ma fare tutto quel percorso di preparazione professionale per diventare un buon atleta in quella categoria: gestione del sonno, alimentazione, modo di condurre la barca, la sicurezza, gestione tecnica per far fronte alle rotture. Se sei preparato bene andar per mare è facile.
Polo della Vendeeglobe comprata a Les Sables |
Ma. Bi.
La libreria Il Mare consiglia
http://www.ilmare.com/prodotti/attorno-al-mondo-su-una-barca-di-6-50-metri.php
http://www.ilmare.com/prodotti/mini-transat.php
http://www.ilmare.com/prodotti/mini-transat.php
http://www.classemini.it/dettview.php?id=199
www.classemini.it è il sito della classe italiana
http://www.ilmare.com/prodotti/mini-transat.php |