Lo hanno
trovato ucciso a fucilate nelle campagne non lontane da Siena. Dusti era il suo
nome e così lo avevano chiamato i ricercatori, i promotori e gli ideatori di un
progetto ardito ed esaltante allo stesso tempo: riuscire a far tornare a vivere
in Europa una popolazione vitale (almeno 120 esemplari) di Ibis eremita (Geronticus eremita), un uccello
rarissimo che in natura si trova ancora in Turchia, in Marocco e forse in Siria.
Dusti aveva un Gps attaccato al corpo e anelli di riconoscimento azzurri alle
gambe. Non poteva essere confuso con un’anatra o un’altra specie cacciabile
anche perché l’Ibis eremita è inconfondibile. Intanto è un ibis e quindi ha
il
becco a sciabola ricurvo in giù come l’Ibis sacro (bianco e nero) e l’Ibis
mignattaio. Immaginatevi
un tacchino color ruggine con riflessi metallizzati
color rame, grande volatore, ma soprattutto munito di un diadema di lunghe
penne come fosse il copricapo di un capo indiano. (A sinistra l’Ibis illustrato da Fabrizio Carbone). Ma cosa ci faceva questo Ibis
eremita in provincia di Siena? La spiegazione è semplice: questa specie migra
da tre località in Austria e in Germania e spende l’inverno, come punto
centrale di riferimento, nell’Oasi del WWF della Laguna di Orbetello. Poi
naturalmente la specie si sposta in gruppi anche di dieci, quindici esemplari,
in altre zone di campagna dove cerca grossi insetti, lumache, persino piccole
lucertole. (A volte, per capirci, è stato persino visto sui campi da golf
dell’Argentario, tra lo stupore e lo sgomento dei giocatori). Quindi Dusti è
stato fucilato da qualcuno che aveva pensato di fare una bravata e che poi, una
volta avvicinatosi alla preda, ha visto il Gps, gli anelli di riconoscimento
alle zampe e si è precipitosamente allontanato. Dusti non è il primo caso di
uccisione di un Ibis eremita. Chi scrive non ha il conto esatto ma crede che
sia la settima volta che questo fatto accada da quando è partito il progetto
del Waldtrapp Team internazionale.
Tutto nasce dal fatto che questa specie si
era estinta in Europa 400 anni fa ma in vari zoo e centri di recupero di fauna
selvatica in Baviera e in Austria esistevano alcuni esemplari di Ibis eremita,
sconsolatamente “incarcerati” e senza speranza di riprodursi. Così come
successe per le Cicogne bianche prima in Svizzera e poi a Racconigi in Italia,
l’idea di ricreare una popolazione vitale di Ibis eremita non poteva
prescindere dall’uomo e dalla capacità di mettere gli esemplari rimasti nelle
condizioni fisiche di riprendere forza e di provare a riprodursi. Questa prima
operazione avvenne con successo e le uova deposte furono incubate. Alla nascita
i piccoli “eremiti” rimasero imprintati dai biologi e dai ricercatori che erano
sul posto: vivevano in perfetta simbiosi con noi umani. Diventati adulti
iniziarono i primi voli insieme a piccoli
ultraleggeri (ricordate il film di
Jaques Perrin Il popolo migratore?) manovrati dai ricercatori. Così partì la
prima migrazione. La meta fissata, presi tutti gli accordi con il Waldtrapp
Team italiano, era la laguna di Orbetello, un sito perfetto, protetto, di zone
umide con prati e campi aperti. Era il luogo di svernamento. Anno dopo anno,
migrazione dopo migrazione, gli Ibis eremiti sono arrivati ogni inverno in
Italia. L’operazione era stata subito resa nota: furono stampati sin
dall’inizio depliant che spiegavano il progetto, affissi nei bar e nei negozi
del grossetano. Ne parlarono i media ma sin dall’inizio ci sono stati sempre
scellerati cacciatori (non sarebbe giusto chiamarli tali) che gli hanno sparato.
Nel 2016 ne furono uccisi due a distanza di una settimana appena dopo
l’apertura della caccia, a Thiene, vicino Vicenza. L’anno scorso ne furono
fucilati due insieme. E quest’anno è stata la volta di Dusti. Conoscendo la
loro indole confidente nei confronti dell’uomo posso immaginare che non sia
stato difficile sparargli e ucciderlo. Spero solo che l’uomo in questione si
sia pentito di una stupidità che ha portato alla morte di un animale tra i più
rari al mondo.
Fabrizio Carbone