Livia Drusilla, moglie
dell’imperatore Ottaviano Augusto, possedeva una bellissima villa sulla via
Flaminia. Dopo aver superato un ponte a lei dedicato (ora vergognosamente
inglobato nella parte inferiore di un moderno cavalcavia ed ignorato da tutti,
ved. foto) si giungeva '‘ad gallinas albas” zona così denominata per una
leggenda dell’epoca, in vista di un sistema di sostruzioni contraffortate in
opera reticolata, alte fino a 14 metri, che sostengono la villa nella parte
prospiciente il Tevere, dove si trova un passaggio pedonale che collega la
villa con la via Flaminia e la via Tiberina. I primi scavi del sito risalgono
al 1863-1864,
quando venne scoperta la statua di Augusto
di Prima Porta, oggi ai Musei Vaticani e alcuni ambienti sotterranei, come il famoso ipogeo con
affreschi di giardino. Nel 1944 un
ordigno danneggiò la sala sotterranea, usata
anche dai militari come bivacco.
Nel dopoguerra si
decise di staccare le preziose pitture (1951), che vennero
trasferite nel Museo Nazionale Romano dove si trovano tutt’oggi. Solo nel 1973 la villa
venne espropriata ai privati proprietari, creando un parco pubblico, e
nel 1982 si è iniziato il restauro delle strutture superstiti. Di recente gli
affreschi, maggior motivo di attrazione del sito, sono stati riprodotti in
fedeli pannelli posti sul sito originario. (a destra l’affresco del “giardino” custodito a Palazzo Massimo) La villa si articola in distinte zone
funzionali: un settore privato, uno di rappresentanza con vasti ambienti
disposti intorno al peristilio e il settore dedicato agli ospiti che ruota
intorno ad una grande aula, edificata sopra il triclinio estivo con l’affresco
a giardino. Sul lato meridionale della cisterna è collocato il frigidarium con due
vasche per l’acqua fredda. Inoltre è stato messo in luce il
settore nord della
villa, dove si trovano un complesso termale, una grande cisterna rettangolare e
una serie di ambienti. A sud-est delle terme era un’area scoperta,
probabilmente un peristilio, intorno al quale si dispongono vari ambienti con
pavimento a mosaico in bianco e nero. Il corridoio conduce ad un atrio con
impluvio; nell’angolo nord-est di questo si trova l’ingresso della villa, del
quale ora si conserva la soglia in travertino. Un vestibolo mette in
comunicazione una vasta area a giardino con una serie di vani disposti intorno
ad un’area scoperta; qui si trovano due stanze da letto (cubicula). La villa è citata nelle loro opere da Plinio, Svetonio e Cassio Dione.
La villa presenta al suo interno pareti dipinte a giardino con una tecnica
pittorica superiore a quella di tanti dipinti pompeiani; la maggior parte delle
piccole scene che ornavano le pareti dipinte sono realizzate con la tecnica
cosiddetta “compendiaria”, cioè riassuntiva. Questi giardini affrescati avevano
lo scopo di riportare
gli spettatori ad un paesaggio sereno e soleggiato,
anziché cupo come la giornata che si presentava. Come accennato all’inizio, la Villa di Livia Drusilla è
denominata dalle fonti antiche 'ad gallinas albas', in ricordo di
uno straordinario evento occorso a Livia, moglie di Ottaviano Augusto: “…a
Livia Drusilla… un’aquila lasciò cadere dall’alto in grembo… una gallina di
straordinario candore che teneva nel becco un ramo di alloro con le sue bacche”.
Gli aruspici ingiunsero di allevare il volatile e la sua prole, di piantare il
ramo e custodirlo religiosamente. Questo fu fatto nella villa dei Cesari che
domina il fiume Tevere presso il IX miglio della Via Flaminia, che perciò è
chiamata alle Galline; e
ne nacque prodigiosamente un boschetto. (Plin. nat.
XV, 136-137). Il visitatore è accolto nell'Antiquarium dove si
raccontano le vicende della residenza di riposo e otium della
famiglia imperiale. La villa, infatti, costituisce un classico esempio delle abitazioni
extra-urbane concepite come proprietà terriera destinata sia ad attività
produttiva, sia a residenza di riposo e di otium, inteso come
allontanamento dalle frenetiche attività cittadine, unito al desiderio di
coltivare studi ed interessi. Lo spazio espositivo, dipinto nei colori
degli antichi intonaci augustei, è incentrato sul plastico in gesso della villa
sul quale vengono proiettate immagini storiche, reperti, motivi decorativi che
consentono di identificare le varie fasi di vita della residenza, fino in età
severiana. Sempre nell’Antiquarium il grande giardino con il boschetto di alloro, ed il giardino piccolo
interno agli appartamenti privati dove la stessa Livia coltivava piante
medicinali per decotti e
tisane. All’uscita dell’Antiquarium si percorre l’antico basolato del
diverticolo della via Flaminia che conduce al lauretum. La grande
terrazza è stata suddivisa in quattro spazi; in questi campi sono state
disposte 64 piante di alloro alte 3 metri e contenute in grandi “olle” di
argilla realizzate appositamente. La notevole estensione della terrazza,
una sorta di giardino pensile, suggerisce la presenza anche di altri alberi,
decorativi e da frutta.Dal giardino si accede alla villa che conserva splendidi mosaici pavimentali in bianco e nero, a motivi geometrici e figurati, e ambienti decorati in opus sectile. L’impianto originario del quartiere residenziale di età augustea rimase pressoché immutato nel tempo con limitati interventi di restauro
Statua di Augusto |
La visita termina con l’ambiente ipogeo dove nel 1863 venne alla luce l’affresco di giardino già citato, e conservato a Palazzo Massimo. Il nuovo allestimento, concepito come una scenografia teatrale, consente in alternanza la lettura della muratura originale - dove si identificano ancora le tracce delle grappe che fissavano l’antico affresco - e, grazie a un doppio sistema di illuminazione temporizzato, proietta su un telo di garza l’immagine della parete dipinta. L’amata residenza della moglie di Augusto si conferma come luogo di straordinaria rilevanza storica e archeologica, ancora capace di raccontare la storia, con una plaga di verde che risulta unica nella crescita di una zona molto particolare, sia geologicamente che urbanisticamente, densamente popolata e degradata.
Giancarlo Pavia