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La Domus Enobarbi dall’alto |
Sempre lui, il nostro “geometra scrittore” Giancarlo Pavia dopo i ponti etruschi ci porta a visitare l’importante sito Etrusco dell’Argentario.
A
conferma di questa considerazione di grande interesse storico nello studio
degli Etruschi ci sono i centri di Talamone,
Porto Santo Stefano, Porto Ercole, Ansedonia, Orbetello,
Cosa. Tutta la
zona è indicata come “Etruria Meridionale”, ed è particolarmente ricca di
città, porti, ponti, acropoli, necropoli, e vestigia particolari (cinta muraria di Orbetello, Tagliata
di Ansedonia, domus e peschiera degli Enobarbi, frontone del Santuario di Talamone,
ecc.). Li elenchiamo di seguito senza ordine di importanza ma solo per la loro
posizione geografica, da nord a sud, verso Roma.
Talamone (Fonteblanda) dove si possono ammirare le rovine del
santuario etrusco di Talamonaccio, sull’altura che chiude a sud est il golfo di
Talamone, il suo frontone è conservato al museo di Orbetello. Circa la
denominazione del paese esistono varie ipotesi: storiche, epiche, mitologiche,
come quella di Teucro Telamonio e la leggenda degli Argonauti, od altre
riferite ad iscrizioni etrusche, Telmun, Timun, Telamon (greco) che
significa “balteus” (latino), cintura, dalla curvatura del
golfo. Nel
IV sec. a. C. nella zona si ha una fase di espansione abitativa, con commerci, colture
ed uso dell'approdo naturale per trasporti via mare. La località fu fin
dall’antichità sede di insediamenti
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Cosa: impiamto urbanistico |
prima Etruschi (tracce della città di Tlamu
sono state scoperte nel 1888 su una collina, detta Talamonaccio, a breve
distanza dall’attuale borgo) e poi Romani. La fondazione del centro del
Talamonaccio rientra in quella politica di controllo dei confini e delle coste
che impegna le città etrusche nel IV secolo a.C., ma la sua importanza deve
essere stata a lungo legata all’esistenza del santuario, punto di riferimento
della costa e della valle dell'Albegna. Il santuario deve aver goduto,
soprattutto dopo la conquista romana, di una sorta di extraterritorialità, per
plurietnicità dei visitatori. Il porto etrusco, come anche un approdo di età
romana, vanno localizzati nella località La Puntata; manca però qualsiasi
traccia visibile di strutture antiche. Leggermente nell’interno, nella zona
pianeggiante di Campo Regio, a nord-ovest di Poggio Ospedaletto, va
localizzato il campo della battaglia di Talamone (225 a.C.), in cui i romani
riuscirono a bloccare una delle periodiche temutissime invasioni galliche. Solo
con il VI secolo d.C. il Poggio del Talamonaccio fu rioccupato. Vi sorse una
fortezza, detta Marta, forse un luogo di resistenza bizantina contro i
Longobardi. In base ai reperti delle necropoli circostanti sembra che l'abitato
sia durato poco, non oltre il VII secolo d.C..
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Bagni di Domiziano |
Un rudere imponente, a tre
navate intercomunicanti, detto “I Casaloni”, che in origine era una
grande cisterna, è visibile a due passi da Talamone. Porto Santo Stefano è situato nella parte settentrionale del promontorio
del Monte Argentario, a poco più di 40 km a sud-est di Grosseto, a circa 10 km a sud-ovest di Orbetello e circa 12 da Porto Ercole. La costa
settentrionale di Porto Santo Stefano, si articola tra Punta Lividonia a nord-ovest e la foce del
Canale di Santa
Liberata; per
la sua posizione geografica favorevole fu frequentato dagli antichi popoli che navigavano
nel Mediterraneo. I romani hanno lasciato notevoli tracce della loro presenza,
tra le quali i resti dei bagni di Domiziano e nelle loro carte indicavano la
località con nomi vari, come Portus Traianus e Portus ad Cetarias. Nella Fortezza Spagnola oggi risiede
il Museo “Memorie sommerse” che conserva relitti di navi etrusche, riportate in
superficie dai fondali dell’Argentario. Resti di notevole rilevanza i “Bagni di
Domiziano”, che sono ubicati al
Km 10+050 della Strada Statale 440 di Porto Santo Stefano,
percorrendo un breve viottolo pedonale all’interno della fascia costiera verso
il mare; nella zona è indicata anche come
“spiaggia Gerini” per la presenza della villa che un tempo appartenne ai
Marchesi Gerini. Questa piccola baia nasconde i resti di una delle vasche
cetarie (usate per l’allevamento del pesce), chiamate ”le Domiziane” (dal nome
della famiglia dei Domizi Enobarbi) e dell'antica villa romana appartenuta a
diversi imperatori tra i quali Nerone, il quale amava pescare le spigole ed i
cefali che vi si allevavano. Tutt’ora, durante i giorni di bassa marea,
affiorano dal mare i resti delle antiche vasche utilizzate per allevare il
pesce; sono visibili inoltre, subito dietro la punta sulla sinistra, le rovine
dell'antica villa risalente al 36 a.C.(ved. foto allegate). I fondali sono
ricchi di “posidonia” che qui assume la peculiarità di affiorare,
ovvero la pianta è in grado di svilupparsi sia in larghezza che in altezza, un
ecosistema rarissimo lungo le coste e presente solo in altre due aree in
Italia. Porto Ercole di origine romana (Portus Eculius) a 12 km da
Porto Santo Stefano è posto sulla costa orientale dell'Argentario; da rilevare poco
dopo l’ingresso nella cittadina, in un boschetto , si possono ammirare i resti di una villa romana.
Orbetello:
Non si conosce il nome etrusco di Orbetello nè le sue origini. Un primo
agglomerato urbano si formò tra la fine dell’VIII e l’inizio del VII secolo
a.C., come scalo marittimo la cui
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Pescheria Agnelli |
economia doveva essere fondata principalmente
sulla pesca e sul commercio. Nei primi tempi il centro fece parte della
Marsiliana (Caletra), ma entrò ben presto nella zona d'influenza di
Vulci. Dalla metà del VI secolo a.C. la città conobbe un periodo di
fioritura economica, tipica dei centri marittimi dell’Etruria. La
documentazione delle necropoli induce a ritenere che la città, dall’inizio del
VI secolo a.C., dovette diventare un porto vero e proprio, con un quartiere
commerciale assai sviluppato per lo smistamento delle merci da e verso
l'Etruria settentrionale. Nella prima metà del V secolo a.C. si riscontra un
calo improvviso e notevole della documentazione archeologica, che riflette un
periodo di crisi comune alla maggior parte dei centri costieri etruschi.
Una ripresa della città verso la metà del IV secolo a.C. è invece dimostrata
dalla solida cinta muraria che taluni datano alla seconda metà del IV secolo,
quindi in piena epoca
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I resti di Villa Enobarbi |
etrusca che, lunga in origine quasi due chilometri,
circondava Orbetello sui suoi quattro lati. Di queste mura si è conservato
assai bene fino a oggi un tratto sul lato ovest, verso la laguna. Esse sono
costruite in opera poligonale con grandi blocchi di arenaria e, uniche in tutta
l'Etruria, fungevano sia da mura cittadine che da mura portuarie. Tali mura
sono state forse precedute da una cinta più antica e probabilmente erano dotate
di tre porte. Va notato che esse non poggiano sott'acqua direttamente sul fondo
melmoso, bensì su una doppia serie di pilastri di legno di quercia e di pino
(oggi rinforzate con colate di cemento). L’attuale Ansedonia comprende
anche l'area dell'antichissima città di Cosa, colonia romana fin dal 273 a.C. Gli scavi archeologici confermano l'importanza
della città nell'età repubblicana e
imperiale romana. Di eccezionale fascino
è il Bagno o Spacco della Regina, uno scavo straordinario adibito forse a
tempio dagli etruschi. La città di Cosa sorge sulla costa del
Mar Tirreno su un promontorio roccioso (114 m s.l.m.) che il Tombolo di
Feniglia aveva legato, in epoca remota, alla primitiva isola dell’ Argentario.
L‘antica città comprendeva due alture, a est e a sud, divise da un’ampia
sella. La colonia di Cosa, di diritto latino, fu fondata dai Romani nel
273 a.C. dopo la sconfitta delle forze alleate delle città etrusche di Volsinii
e di Vulci (280 a.C.) e la cessione di buona parte del territorio vulcente, compresa
la fascia litoranea. La nuova colonia latina di Cosa venne così a controllare
un’ area geografica ampia circa 550 kmq; però il nome con il quale è nota nella
storiografia derivò da quello più antico
di Cusi o Cusia, relativo a un piccolo centro etrusco
disposto sul luogo dell’attuale Orbetello. La posizione strategica e il
carattere di fortezza, derivante dalla presenza di un possente circuito
murario, vanno messe in rapporto sia con la minaccia che negli anni intorno
alla data di deduzione delle colonie la potenza navale cartaginese costituiva
per i Romani (la prima guerra Punica cominciò nel 264 a.C.) sia con la
necessità di tener sotto controllo i territori etruschi di recente conquista,
ancora non definitivamente sottomessi.
Infine riporto
brevemente una vicenda tecnica personale, vissuta per tre anni, dal 1971 al
1974 nella qualità di C.T.U. (Consulente Tecnico di Ufficio) del Tribunale
Civile e Penale di Roma (sin dal 1960) )tutto il territorio
di Ansedonia) contro i lottisti del costituendo “Consorzio di Ansedonia”, per
irregolarità confinarie generalizzate. Il Tribunale mi affidò l’incarico di
procedere alla verifica dei confini di tutta la lottizzazione del “Consorzio”, di
ben 384000 ha. Dato l’immane compito,
pur recandomi tre volte alla settimana (per tre anni), unitamente ad una mia
collaboratrice (poi divenuta la mia dolce metà) ad eseguire le operazioni
topografiche in loco, in contraddittorio con i Lottisti (Nomi di importanza e
notorietà politica e/o civile di livello nazionale), nonché i loro Tecnici di
parte convenuta, conclusi l’incarico consegnando, dopo tre anni, una relazione di 1400 pagine, corredata financo
di carteggi emessi dal Catasto Austriaco dei secoli passati e riguardante la
zona. Per mia somma gioia faceva (e fa
ancora) parte del Comprensorio anche la città di Cosa, che ebbi il privilegio
di vedere e rilevare (solo perimetralmente, in quanto l’interno era ed è
esclusivo privilegio della Sovrintendenza Archeologica) ma abbastanza per
sentirmi cittadino dell’Etruria antica e della sua stupenda storia, che tanta
tecnica ha trasmesso poi ai Romani ed al mondo intero
Giancarlo Pavia