Mappa del 1777 della TransTiberina |
Il nostro
corrispondente dall’antica Roma Giancarlo Pavia, “geometra” scrittore, ci
propone una storia molto singolare da lui vissuta nel lontano 1955. Si era
appena diplomato e faceva pratica nell’impresa edile del padre impegnandosi in
computi metrici e calcolo delle paghe degli operai nel cantiere dove si
lavorava all’ampliamento del convento delle Suore del S.S. Sacramento, in via
dei Riari 41 in Trastevere che da via della Lungara finisce sotto le pendici
del Gianicolo, contornata dalla settecentesca Villa Corsini e dall’Orto
Botanico.
“Iniziammo il rilievo del terreno, racconta il nostro Giancarlo, e il tracciamento della nuova ala del fabbricato, per iniziare i sondaggi sino alla quota di un suolo compatto ed accettabile per sostenere le fondazioni di posa dei pali da gettare poi in calcestruzzo e ferri di armatura. Alla quota di –20 il tubo-sonda portava
in superficie terra e acqua con frammenti di anfore, manici e terminali conici, e insieme ai residui di
fango compariva anche una polvere gialla, inodore. Per
mera curiosità facemmo analizzare da un laboratorio quelle polveri, e il
responso fu: “residui secchi di vino”. Grande
fu la nostra sorpresa di aver trovato, alla profondità di circa 20 metri, del
“vino”; ma, soprattutto, come e perché ci era finito? Mossi da febbrile
curiosità ci procurammo la “Orografia” di Roma nel periodo preistorico per
iniziare la verifica dei luoghi interessati sin dai tempi remoti; verificammo
quindi che il “Transtiberim” era una pianura alluvionale depressa ed al livello
del Tevere già da 100.000 anni a.C.. Se si deve adottare il parametro di
crescita
dei terreni col passare del tempo adottato dagli archeologi ( 100
centimetri, 1 m per secolo), all’epoca
di Giulio Cesare il “Palatium” doveva giacere a quota – 20 metri rispetto alla
quota attuale; quindi anche questa verifica ci confermava la nostra inaspettata
scoperta! Ci immergemmo in una ricerca storica archeologica della Roma antica
e, dopo varie risultanze, la prima, attendibile, viste le analisi delle anfore,
fu l’attribuzione della zona circostante ad
un “deposito vinario” di Giulio Cesare. Ma mano a mano che proseguivamo
nella ricerca, iniziammo a vedere stampe antiche che riportavano gli “Orti di
Cesare” nelle prossimità di via dei Riari; Svetonio e Cicerone nelle loro opere,
indicavano il “Palatium” di Cesare “alle pendici del Gianicolo”. Non solo;
anche una nota di cronaca dell’epoca (68 a.C.) oggi definibile “scandalistica”
denunziava la nave di Cleopatra ormeggiata sulle rive del Tevere dirimpetto
alla “Farnesina”, cioè nelle immediate vicinanze di via dei Riari, luogo dei
nostri
ritrovamenti. Se rileggiamo la vita di G. Cesare apprendiamo che nel 46
a.C. ultimata la campagna in Egitto, tornò a Roma, insieme a Cleopatra, sua
preda di guerra ed amante, e vi si stabilì nei suoi possedimenti acquistati nel
44 a.C., appunto gli “Horti di Cesare”, vasta proprietà che comprendeva tutta
l’attuale piana di Trastevere da “Porta Portuensis” (Porta Portese) sino al
Circo di Nerone (Vaticano), sotto le pendici del monte Gianicolo (ivi compresa
la attuale Villa Sciarra) fin sulle rive del Tevere, con vari moli. Attraccata in uno dei detti moli visse, dal
46 a.C. al 44 a.C. in un barcone egizio, la regina Cleopatra; la quale
influenzò pesantemente la costruzione e la decorazione del Palatium che assunse
un aspetto regale e che fu dotato di circa 1000 servitori al suo servizio;
nelle feste
intervenivano Sallustio, Cesario Pollione, Lucio Apuleio, Virgilio,
Orazio, Bruto, Svetonio e Ottaviano Augusto. Ma nel 44 a.C. il mattino delle
idi di marzo, il sogno finì con l’assassinio di Giulio Cesare, come la storia
ci ricorda. Dunque avremmo scoperto dove era ubicata l’ingente opera
architettonica menzionata nelle opere di Svetonio, che Lucio Apuleio descrive
come ”edificio di medie dimensioni, con colonnati, peristilio, affreschi,
statue greche, comprendente templi dedicati ad
Iside ed alla Dea Fortuna, circondato da giardini di pini, degradante
sino al Tevere ed ai suoi approdi”. Crediamo realisticamente che i reperti che
noi “pescammo” nel 1955, siano da
attribuire ad un accessorio del Palatium
(mai archeologicamente individuato da nessuno), cioè ad un deposito vinario.
Sempre ragionando realisticamente gli Horti di Cesare dovevano coprire tutto
l’attuale parte destra del Trastevere, tra via Dandolo (compresa Villa Sciarra)
e Villa Corsini (comprese le vie dei Riari e S. Francesco di Sales) nonché
l’attuale Regina Coeli”.
“Iniziammo il rilievo del terreno, racconta il nostro Giancarlo, e il tracciamento della nuova ala del fabbricato, per iniziare i sondaggi sino alla quota di un suolo compatto ed accettabile per sostenere le fondazioni di posa dei pali da gettare poi in calcestruzzo e ferri di armatura. Alla quota di –20 il tubo-sonda portava
in superficie terra e acqua con frammenti di anfore, manici e terminali conici, e insieme ai residui di
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