Carlo Ravenna dopo il corallo rosso è tornato a farci visita presentando la straordinaria
fotografia di una cincia bigia che si fa il bagnetto in una pozza d’acqua. Così ha descritto
sommariamente le elucubrazioni tecnico-fotografiche ed emozionali che gli sono
passate nella testa nel momento in cui l’ha centrata con il suo obiettivo nell’ambiente
preferenziale di questo piccolo uccello: il bosco. Le sue riflessioni sono anche preziosi consigli per chi voglia ambire a uno “scatto” simile…
Il bosco è un territorio pieno di
fascino e di mistero, un caos ordinatamente disordinato di tronchi,
cavità
lignee, ramaglie e cascate di foglie, dove la vita anche se nascosta è sempre
presente, ma anche Ritratto di una cincia bigia |
Cinciarella |
Poi rimarcherei una
puntualizzazione che ritengo molto importante: nelle mie selezioni, scelgo
soltanto fotografie in cui l’occhio del soggetto sia ben nitidamente a fuoco ed
esente da mosso o micromosso. Le ali e altre parti del corpo in rapidi
movimenti possono anche non esser ferme ma non è detto che ciò penalizzi una
fotografia, anzi a volte ne enfatizza l’aspetto creativo. L’importante è che,
lo ribadisco, ci sia qualità generale dello scatto sull’occhio, perché è sempre
su di esso che l’osservatore andrà immediatamente a posare il suo sguardo. Oggi
la tecnologia ci viene incontro su un aspetto: la stabilizzazione dell’obiettivo.
Usare un pesante e lungo 500 millimetri stabilizzato dell’ultima generazione significa
per un esperto fotografo, oggi, riuscire a riportare a casa con successo dei
preziosi scatti a mano libera un tempo impensabili senza un treppiedi. Se il nostro
soggetto è fermo nella subdola penombra, l’uso della stabilizzazione ci
consente di poter anche “allungare” in una certa misura i tempi e di
conseguenza lavorare a diaframmi non eccessivamente aperti (l’ideale è restare
in un range di diaframmi medi) e al contempo non alzare troppo gli ISO della
fotocamera. Su quest’ultimo aspetto, è importante aggiungere che oggi nelle
fotocamere digitali non particolarmente performanti, alzare troppo gli ISO per
recuperare luce, significa sporcare i nostri scatti con un indesiderato
pulviscolo (il cosiddetto rumore) che si intravvede (ingrandendo) soprattutto
sulle parti in ombra del fotogramma, difficilmente attenuabile anche in post
produzione. Inutile aggiungere che gli
obiettivi più luminosi aiutano il fotografo nel suo
lavoro, anche se pretendere
una ottimale luminosità si traduce sempre in un aumento di costi elevato o
addirittura esorbitante, ma anche in un aumento della mole e del peso dell’ottica,
studiata e realizzata per far passare una maggior quantità di luce possibile
attraverso di essa a partire dalla lente frontale esterna, sino al sensore
della fotocamera. È ovvio che un tele professionale, oltre ad esser luminoso di
regola deve offrire un autofocus veloce e preciso, grande nitidezza e ricchezza
di dettagli, brillantezza dei colori, qualità dello sfocato. La luce migliore,
quando c’è il sole, non è di regola quella delle ore centrali della giornata, essendo
essa meno calda e più dura. Inoltre i raggi solari piovono sul soggetto troppo
dall’alto generando ombre indesiderate. Un classico esempio lo si può notare in
un uccello in volo, quando la luce radente dell’alba e del tramonto, oltre ad
essere più bella, riesce a illuminare le porzioni sottostanti dell’ala, mentre
quando il sole è alto nel cielo appaiono molto scure.
Cinciallegra |
Testo e foto di Carlo Ravenna