Carlo Ravenna ha scritto
per noi questo “pezzo” sul “nostro” corallo rosso. Livornese
di nascita ma romano di adozione, da poco ha superato gli anta, come tanti
altri amanti del Mare ha scoperto da subito la libreria il Mare, diventandone
un assiduo frequentatore oltre che un amico.
Carlo si definisce fotografo
subacqueo e terrestre. Ha lasciato la sua professione di architetto per la
grande passione per la fotografia naturalistica e per le riprese televisive. Ha
imparato ad andare sott’acqua prestissimo, aveva 8 anni, e da più di venti
scende in acqua. Interessato agli aspetti biologico e comportamentale
degli organismi marini, ma anche nei laghi, nei fiumi, in montagna: scoprire e
fotografare piante e animali rari per lui è ricerca e anche una sfida.
Narra un’antica leggenda
giapponese che un giovane samurai lasciò il suo paese situato sulle rive del
mare per andare a guerreggiare lontano dalla sua patria. Ferito a morte l’uomo
tentò di guadagnare la via di casa, ma si accasciò sulle rive di un fiume. Le
gocce del suo sangue trasportate lungo il letto
del corso d’acqua giunsero fino
al mare, scesero negli abissi e lì sbocciarono come fiori di corallo per
ricordare ai marinai il sacrificio e la sofferenza di chi ha perso la vita
lontano dal mare di casa.
Certamente non era il
“nostro” Corallium rubrum, unica
specie di Corallium presente in Mediterraneo, ma probabilmente si trattava del cerasuolo, corallo color rosso rubino
che cresce in Giappone assieme ad un’altra varietà di pregio bianco – rosato,
il cosidetto corallo pelle d’angelo. Anche Ovidio
(Metamorfosi, IV, 740 – 752) racconta che il corallo nacque dal sangue di una
delle Gorgoni, Medusa, quando Perseo la decapitò. E uno scritto analogo è del
Vasari nel 1570, quando descrive il quadro “Perseo
e Andromeda”.
Il corallo rosso, per la sua
forma pietrificata e per il suo colore fin dall’antichità l’uomo iniziò a
pescarlo in forma sempre più organizzata e a conservarlo come un tesoro e mise
a punto anche la sua lavorazione in varie fasi a partire dalla eliminazione del
rivestimento (cenosarco).
Corallo rosso in parete |
L’importanza del corallo nell’economia locale divenne
tale da intrecciarsi con la storia di alcuni luoghi tanto da costituire un
binomio inscindibile, come a Torre del Greco, la capitale del corallo, a
Sciacca, ad Alghero. Il corallo per poter crescere ed innalzare i suoi
ramoscelli necessita di fondi duri e compatti: scogliere sommerse, formate da
rocce tormentate da profonde spaccature e mille anfratti, ampie grotte a forma
di sifone percorse da correnti che garantiscono il suo nutrimento; i candidi,
piumosi e famelici polipi danno alle ramificazioni un aspetto fiorito. L’intensità
della corrente deve evitare che i sedimenti marini soffochino le colonie, in
particolare quelle che meno diffusamente crescono dal basso verso l’alto su
substrati sulle terrazzate di roccia. In acque relativamente basse, di solito
tra i 40 e i 50 metri (in certe località meno di 15 metri) il corallo sceglie
quasi esclusivamente le zone d’ombra, dove i raggi solari non lo toccano
direttamente: lungo i canaloni di roccia, sotto le balconate di pietra, sulle
volte delle spelonche.
Coralli e madreporari gialli |
Mano a mano che si scende, a causa del graduale calo di
luce, il corallo esplode sulle creste lunari degli alti fondali, lungo pareti
senza fine che cadono nell’abisso, su cigliate profonde che si elevano dal
fango in mare aperto. Questi ultimi ambienti, noti come “pettate”, sono i
luoghi tipicamente prescelti per le pescate memorabili al corallo, prima
attuate con l’ingegno un attrezzo che arava gli scogli, vietato a
partire dagli anni ’80 per il suo potere distruttivo, poi esclusivamente da
corallari subacquei in grado di scendere a una profondità variabile da 80 a 130 metri.
Corallo intrecciato a gorgonie e alcionari |
Si trattava di una pesca dura, logorante, pericolosa, effettuata
da sommozzatori estremi che hanno segnato una epoca indimenticabile nella
storia della subacquea quando le conoscenze della medicina iperbarica erano in
una fase di pura sperimentazione e naturalmente l’equipaggiamento di immersione
assai meno performante rispetto ad oggi.
C’è chi lavora dentro un
ministero, chi in banca o in un ufficio postale. Ma c’è anche chi paga le
bollette, l’affitto di casa e la scuola dei figli andando sott’acqua ad oltre
100 metri di profondità. Questa è la professione del corallaro, oggi abilitata
da una licenza specifica rinnovata ogni anno dalla regione di pertinenza. Ma è
una figura che va scomparendo. Sono ormai lontani i tempi dei prelievi massivi,
stimati in circa 60 tonnellate di corallo ogni anno. Le pressioni degli
ambientalisti sono sempre più incalzanti e nelle politiche protezionistiche e
di gestione della flora e fauna marina operata dai governi non è passato certo
inosservato il nostro antozoo più prezioso: anche (e soprattutto) perché cresce
molto lentamente, si stima 3 – 4 centimetri ogni 10 anni. Da tempo si sta anche
tentando la strada della coltivazione su substrati artificiali depositati in
mare, basata su procedure ancora sperimentali.
Convivenza di coralli e paramuricee |
Corallo per tutti. In alcune
zone lungo le coste italiane un sub sportivo può osservare il corallo rosso in
natura, senza dover scendere a profondità proibitive, anche in zone fortemente
urbanizzate, dove l’acqua spesso è torbida.
Nell’area del Promontorio di
Portofino si vede a Punta Chiappa, allo Scoglio del Dragone, alla Colombara e
Punta del Faro. Procedendo verso est a Punta Manara, nella zona di Sestri Levante,
dove cè una secca molto varia e conformata a gradoni. Fondali tipici da
“corallo rosso” si ritrovano in Toscana, nella zona di Quercianella (Grotta del
Boccale, L’Arco, L’Isola, Spaccature del Romito) e alle Secche di Vada
(Sperone, Muraglione, Ciglio di Terra). Presso il Golfo di Baratti
Il raccolto di un corallaro |
Punta
Tonnarelle, dove a –35 c’è uno scenografico costone di coralligeno. All’Elba,
lungo il fronte sud, si vede alle Secche di Capo Fonza e anche a Capo Stella,
dove la franata lascia spazio a una bella parete ricca di vita. Mitico, ma
soprattutto quando l’acqua è chiara, è il sito denominato Scoglio del Corallo e
la spettacolare Punta dell’Avoltore, dislocati lungo il Promontorio
dell’Argentario. Nel Lazio, tratto Civitavecchia – Santa Marinella, la
splendida Murata di Sant’Agostino, isolata nel blu, e a ridosso del porto di
riva di Traiano, Punta del Pecoraro, dove il corallo cresce su alcuni scogli a
meno di 15 metri di profondità. Paradisiache e meravigliosamente mediterranee
sono le pareti mozzafiato di Punta Sant’Angelo, a Ischia, e di Punta Pizzaco, a
Procida. Anche presso la Dorsale di Stromboli ricordiamo di aver visto il bel
corallium.
In Sardegna gran parte della
costa nord-ovest è buona: dalla costa di Bosa (Secca di Corona Niedda) alle
complicate Grotta di Nereo e Grotta del Falco, presso Alghero, per salire verso
Castelsardo e visitare l’omonima secca, un grande e spettacolare torrione
irregolare tra –11 e circa - 50 metri.
Una cascata di coralli |
A Costa Paradiso troviamo parecchi
punti, come la Tana di Gavino, lo Stazzu, la Grotta Niedda, la Secca di Porto
Leccio, e vari altri siti di grande interesse bio – morfologico dove è presente
il corallo.
in mare.com sono presenti questi libri sul corallo:
Le quattro illustrazioni, in vendta in libreria, sono rare tavole originali eseguite nel 1849 dal signor Mallo
Il formato è 30x40 cm