giunti i più audaci da Nord. Noi che abbiamo la fortuna di esserci nati qui, ci gloriamo di quel che vi è stato concepito e trasmesso. Una maggiore onestà dovrebbe portarci a dire che più che inventare, abbiamo rielaborato o aggiunto quel che da tanti ci è stato dato.

Predrag era uno così, per questo era umile, quasi inconsapevole e sorpreso dell'attenzione altrui a quel che faceva. Una volta ci trovammo concorrenti a un premio di letteratura del mare. Andai a chiedergli scusa: lo avevo scoperto tardi. E quando il mio libro fu premiato più del suo, io volevo sprofondare, lui rideva senza freni della mia mortificazione.
Fernard Braudel ha strattonato l’Europa con i suoi studi sul Mediterraneo. Solo un gigante come lui poteva risvegliare il continente e i Paesi degli altri due che sul nostro mare si affacciano, sul valore della storia comune e dei saperi scambiati lungo queste coste. Eppure, Predrag fece di più: lo “sentì” il Mediterraneo. Elaborò la teoria della geopoetica, ovvero l’idea che non gli uomini, ma i luoghi emanino poesia (per questo il nostro mare che produce tanta) e che i poeti siano solo delle antenne più sensibili in grado di coglierla e “tradurla” agli altri.

Il bombardamento del ponte di Mostar, simbolo della connessione fra Oriente e Occidente, fra islam e cristianesimo, lo ferì profondamente. La nostra conversazione su quel crimine è ancora oggi uno degli articoli più sentiti della mia vita giornalistica. Da quella e altre esperienze in un mondo che franava, nacque un nuovo, grandissimo libro di Predrag, Mondo ex e tempo del dopo.
Da leggere in ginocchio.
Romano Prodi, a capo del “governo” europeo, istituì una Commissione per il Mediterraneo e ne mise Predrag a capo. Fecero un lavoro stupendo, che il successore di Prodi buttò, sopprimendo la Commissione. Fuggiasco dalla Croazia, Predrag era stato accolto come docente alla Sorbona di Parigi; da cui si trasferì alla Sapienza di Roma e, in quel periodo, una delle poche cose buone fatte dal nostro Paese, gli venne conferita la cittadinanza italiana.
Qualche tempo dopo, lo vidi malmesso. Alla fine, gli feci sputare il rospo: problemi economici; dopo circa 45 anni di lavoro in tre Paesi europei, per un “ricongiungimento” negato, non aveva pensione né in Croazia, né in Francia, né in Italia. «E i soldi delle conferenze?», gli chiesi, sapendo che gliele pagavano parecchie migliaia di euro. «Tutti in un conto che ho affidato a un amico poeta croato, perché li distribuisca agli intellettuali poveri».
Gli feci osservare che, di quel passo, prima o poi avrebbe dovuto rivolgersi lui stesso a quel fondo. Non gli dissi niente, ma informai un diplomatico mio amico, uno dei più stretti collaboratori di Prodi, allora capo del governo. Non gli chiesi, poi, se e cosa avesse fatto. E probabilmente non ce ne fu nemmeno bisogno, perché, per fortuna, qualche mese dopo, Predrag ottenne la pensione. Gli ultimi tempi sono stati tristissimi per quest'uomo grande, grandissimo e così poco attento a se stesso. Nicolò Carnimeo, docente universitario, uomo e scrittore di mare, che lui chiamava “il mio fratellino”, apprese che Predrag era stato ricoverato in una struttura dove poteva soltanto declinare velocemente.

Riposa in pace, amico mio. Nessun grazie sarà grande abbastanza da compensare i tuoi meriti, i tuoi doni. Ti voglio bene.
Pino Aprile
Giornalista e scrittore