Rex Iuba, grande storico e rex literatissimus

Beh, a giudicare dalle bottiglie, vini rossi e bianchi, spumanti e prosecchini vari, gli “aperitivi in libreria” stanno avendo un gran successo grazie anche ai “personaggi” che ci hanno onorato della loro presenza. L’elenco è lungo, da Sebastiano Tusa a Simone Perotti, tanto per citarne alcuni (a caso?) e tutti hanno richiamato un gran numero di appassionati. Spesso e volentieri occupati tutti i posti a sedere si è creata una piccola folla all’ingresso su via del Vantaggio.
Comunque nessuno si è perso una battuta grazie alla perfetta amplificazione messa a punto da Marco senza contare che abbiamo anche inaugurato la diretta streaming. Cito spesso Marco ed è bene che vi dica qual’è la sua posizione.
Di nome è Firrao, dopo aver mandato in pensione la madre, Giulia, lui, che praticamente è cresciuto tra gli scaffali, è il direttore della Libreria Internazionale il Mare, che, come ricorderete, è al suo quarantunesimo compleanno. Marco per la sua dinamicità e capacità di trovare articoli e libri, circondato com’è da circa quarantamila titoli tutti di argomento mare, catalogati nel sito ilmare.com, si può definire un bibliotecario attento e scrupoloso, capace di risolvere qualsiasi richiesta.
Messa da parte questa premessa, fissate il prossimo appuntamento: venerdì 25 alla solita ora sarà con noi Stefano Medas, archeologo subacqueo e navale, autore del libro Rex Iuba. A presentarlo un altro archeologo subacqueo di lungo corso, Flavio Enei direttore del Museo del Mare e della Navigazione Antica di Santa Severa.
Medas, docente universitario di Storia della navigazione antica e presidente di ISTIAEN, l’Istituto Italiano di Archeologia e Etnologia Navale, si è basato su una rigorosa documentazione storico-
Stefano Medas
archeologica per condurci nel mondo della marineria di epoca romana. Il libro racconta l’avventurosa spedizione condotta via mare oltre 2000 anni fa da re Giuba II, sovrano della Mauretania, alla scoperta delle Isole Canarie, “Isole dei beati” o “Isole Fortunate”, così i geografi antichi chiamavano quelle che sono per noi le Canarie. La scoperta di questo arcipelago vulcanico si deve probabilmente ai naviganti fenicio-punici ma le prime notizie veramente chiare sull’arcipelago risalgono proprio all’età romana. Il libro è un romanzo storico dedicato allo straordinario viaggio in quell’oceano che per gli Antichi aveva una sola sponda e che, di conseguenza, generava negli uomini una condizione psicologica molto diversa da quella che vivevano navigando nel “mare tra terre”, cioè nel Mediterraneo. E Medas ci porta letteralmente a bordo delle tre navi che composero la spedizione: due liburne e un’oneraria, e la navigazione e la vita di bordo sono descritte sia dal punto di vista tecnico che umano. Il viaggio continua con l’esplorazione delle isole, le difficile salite alle vette dei vulcani e la scoperta di qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato di trovare.
Il viaggio di Giuba
Sulla via del ritorno gli equipaggi sono coinvolti in una battaglia contro quello che credevano essere un leale suddito di Giuba. Con le sue difficoltà, con i suoi rischi e le sue incertezze, il viaggio si trasforma anche in un percorso dell’anima, attraverso cui i protagonisti, ciascuno a proprio modo, sono portati a riflettere sul significato e sul destino della loro stessa vita. È dalla Naturalis Historia di Plinio che ci è giunta memoria della spedizione, a seguito della quale l’arcipelago prese il nome che porta attualmente. Fu Giuba, infatti, a denominare Canaria l’isola che attualmente è Gran Canaria, per via dei grandi cani che gli esploratori vi scoprirono.
Modello nave oneraria romana
Il nome passò quindi a identificare l’intero gruppo delle Canarie. Negli anni del suo regno Giuba dedicò grandi energie allo sviluppo della Mauretania, rendendola un regno largamente aperto alle influenze romane e greco-ellenistiche, grazie anche all’intervento della moglie, donna raffinata e colta, amante dell’arte. Si impegnò negli studi geografici e naturalistici sull’Africa, fu uomo di grande cultura e lasciò una straordinaria quantità di opere, tanto che Plutarco lo ricorda come uno dei più eruditi studiosi di lingua greca e come il più grande storico tra tutti i re, definito rex literatissimus.
Per chiudere questa breve presentazione e per invitarvi a venire il 25 in libreria, così avrete modo di farvi firmare il libro che acquisterete, sono venti euri ben spesi, ho chiesto a Stefano
di spiegare in dieci righe come e perché un archeologo subacqueo si è messo a scrivere un romanzo anche se storico. Ecco la sua risposta:
Le Canarie dal satellite
Primo, perché scrivere mi è sempre piaciuto, fin da bambino. Secondo, perché dopo aver scritto oltre cento articoli scientifici e quattro monografie, sempre scientifiche, si sente il bisogno di avvicinarsi maggiormente alla gente. Il mio desiderio era quello di portare i lettori a bordo delle navi antiche, di trasmettere loro le atmosfere, i rumori e gli odori del mare. In tutto ciò, non mi sono sganciato dal mio trascorso. La storia, infatti, è vera, basandosi su fonti storiche. Il contesto, anche dove ho lavorato di fantasia, è altrettanto vero, avendo fatto attenzione a riprodurre gli ambienti, i contesti, il vestiario e quant'altro, perfino la lingua, specificamente per le regioni geografiche interessate. 
Teide, panoramica
Cosa che ho fatto dopo aver passato diversi mesi ad approfondire lo studio storico della figura di Giuba e quello storico-archeologico delle Canarie. Ho quindi realizzato una postfazione “scientifica”, in cui spiego tutto per filo e per segno (fonti, contesto storico e quant'altro), oltre ad aver riportato una bibliografia essenziale sugli argomenti trattati. Terzo, la figura di Giuba II mi ha sempre affascinato. Si tratta infatti di un personaggio rimasto “nascosto” nelle pieghe della storia, ma straordinariamente interessante sia dal punto di vista politico che culturale, uno dei prodotti migliori di Roma, insomma. Appassionarmi ai soggetti cosiddetti minori è sempre stata una mia caratteristica, perché in quelli si trovano spesso dei tesori inaspettati e perché la ricerca, data la scarsità delle fonti, diventa più ardua einteressante