Il naufragio della Norman Atlantic. Perchè?

Le oltre trentadue ore di soccorsi nel Canale d’Otranto ai naufraghi del traghetto Norman Atlantic si sono concluse ieri alle 14.50 quando l’ultimo uomo dell’equipaggio, il comandante, è stato recuperato, come gli altri, dall’elicottero della nostra Marina Militare.
Tra i tanti che hanno scritto di questa incredibile tragedia, abbiamo scelto di proporvi quanto ha scritto il nostro Nicolò Carnimeo, di cui più volte ci siamo occupati, che ha forse centrato le possibili cause del disastro: l’errore umano combinato con la cattiva manutenzione della nave.

L’articolo titolato Le regole del mare e gli errori degli uomini è stato pubblicato nel numero odierno della Gazzetta per il Mezzogiorno, che doverosamente citiamo e ringraziamo.

A guardarlo oggi l’Adriatico fa accapponare la pelle, non si riusciva a prender sonno pensando ai naufraghi della Norman Atlantic intirizziti sul ponte da due giorni, destini in bilico e, soprattutto, alla deriva. E’ vero il mare ci mette del suo, ma la responsabilità di quanto avviene è sempre dell’uomo. Come è possibile che una nave nuova, non una carretta del mare, dotata di tutti i più moderni sistemi di sicurezza previsti da una imponente normativa internazionale, sia sul punto di affondare? Ce lo siamo chiesti tutti, ma per capire quanto sta avvenendo bisogna conoscere un mondo, quello della navigazione e del mare che non è noto ai più.  Scopriamo di avere un patrimonio armatoriale e una delle flotte più importanti d’Europa solo sull’onda delle tragedie. Ieri la Concordia, oggi la Norman Atlantic.
C’è chi alla radio nazionale si è chiesto persino che ci faceva un traghetto con quel tempo in mezzo al mare? Non c’è consapevolezza, spiace dirlo neanche in Puglia, che dai nostri porti, Bari e Brindisi in testa, salpano quotidianamente decine di navi verso l’altra sponda dell’Adriatico, Grecia, Croazia, Montenegro, Albania. E trasportano ogni notte con la piatta e la tempesta, centinaia di passeggeri e tir, lo fanno in sicurezza grazie anche ad un imponente apparato di controlli affidato alle Capitanerie di Porto.  Se volessimo valutarne l’efficacia basta la circostanza che l’ultimo sinistro del genere risale a 40 anni fa, parliamo dell’Heleanna che rischiò di affondare per un incendio di fronte a Torre Canne. 
Le statistiche non mentono. Così come è bene sapere che prima di mettere una nave in linea l’armatore deve ottenere una autorizzazione ministeriale la quale si basa anche sui piani di sicurezza presentati e prima della partenza del collegamento ci devono essere una serie di controlli obbligatori da parte dell’autorità marittima dei due Paesi – se sono diversi – che la rotta collega. Non si può negare che vi siano anche imprese armatoriali dell’ultima ora, navi che dovrebbero andare in pensione, ma è certo che se prima di iniziare la linea una delle loro dotazioni di sicurezza non funziona, sino a che il guasto non è riparato non si parte. Polemiche anche sui soccorsi. Sono arrivati tardi? Non si riesce a considerare che quella a cui stiamo assistendo è una imponente operazione di soccorso che non si improvvisa, siamo tra i primi in Europa nelle operazioni di ricerca e salvataggio. 
Marina, Capitanerie hanno tra gli uomini più addestrati, le centinaia di naufraghi salvati non fanno più notizia, ma ogni santo giorno c’è qualcuno che rischia la sua vita per salvarne altre dai flutti. Un orgoglio che evidentemente non riusciamo ad apprezzare e un merito che neanche l’Europa ci riconosce come potrebbe e dovrebbe. C’è chi si è domandato perché nell’azione di salvataggio sono intervenuti i mercantili? La legge del mare, la Salvage Convention e le nostre norme impongono a tutti i comandanti che abbiano notizia di un sinistro in mare di recarsi immediatamente sul luogo e di intervenire. Se non lo fanno vi sono severe norme penali, come l’omissione di soccorso a terra. Ma chi non è di mare non lo sa. E allora cosa può essere successo a bordo della Norman Atlantic? Tanto è stato scritto sul malfunzionamento di una porta tagliafuoco, ma con ogni probabilità si scoprirà che quella circostanza non è riconducibile all’incendio nel garage. (E ribadiamo che se quel difetto non fosse stato risolto la nave in quella occasione non sarebbe partita). Può, però, essere indice di una cattiva manutenzione della nave, è questa in realtà l’ipotesi più plausibile, se la combiniamo con una carente vigilanza a bordo e la mancata osservanza delle prescrizioni che le norme impongono. I controlli delle autorità si fanno all’inizio della linea e poi sono a campione, ma quelli giornalieri spettano alla compagnia, al comandante e al suo equipaggio che devono prestare massima attenzione. 
Specialmente al garage di un traghetto Ro Ro, una zona così sensibile ed esposta agli incendi che ci sono ben due sistemi di sicurezza e di spegnimento delle fiamme (uno ad acqua e l’altro a schiuma), e altri impianti per rendere stagno l’ambiente che devono essere costantemente monitorati prima di ogni partenza. Sulla Norman Atlantic un malfunzionamento visto il propagarsi delle fiamme deve esserci stato per forza. Ecco l’errore umano, che significa, soprattutto, una mancata prevenzione. La routine a volte ammorbidisce i controlli quando una nave fa una linea incessantemente i gesti sono ripetuti, una stretta sorveglianza viene meno, e si va incontro ad una tragedia che altrimenti sarebbe evitabile. L’errore umano è, infatti, da sempre il fattore principale degli incidenti nella navigazione aerea e marittima, spesso si tratta di eccesso di sicurezza, altre volte di mancata vigilanza, entrambe inescusabili per la condotta di una nave che ha la sicurezza come obiettivo primario. Safety first c’è scritto a caratteri cubitali sui mercantili.  Sulla Norman Atlantic qualcosa non ha funzionato come doveva, e si affaccia l’ipotesi che qualcuno non abbia fatto sino in fondo il proprio dovere. Il fato, il destino non c’entrano.
Nicolò Carnimeo