A Simon Winchester l’attrazione per l’oceano nacque quando per la prima volta nel 1963 lo traversò partendo da Liverpool a bordo di un grande transatlantico di linea, la Empress of Britain, una delle Imperatrici Bianche – così venivano chiamate le tre navi “sorelle” della compagnia di navigazione Canadian Pacific – impiegate nel trasporto dei passeggeri fra il Vecchio e Nuovo Mondo, finché nel 1963 la concorrenza delle compagnie aere non le costrinse a lasciare il servizio. È passato mezzo secolo da quella traversata e l’essere passato sopra questa distesa d’acqua almeno altre cinquecento volte, gli ha permesso di mettere a fuoco il più importante tra i temi di questo libro: l’evoluzione del rapporto, dell’atteggiamento del genere umano nei confronti di questa immensa distesa d’acqua, l’Oceano Atlantico. La sua estensione totale è di 81.705.396 chilometri quadrati di acqua marina, un quarto della superficie totale delle acque del pianeta, con il punto più profondo – 8605 metri – al largo di Porto Rico e un volume totale di 307.923.430 chilometri cubi d’acqua.
Il nome Atlantico prese piede nel 1507 quando fu pubblicata la rappresentazione cartografica del tutto nuova del pianeta. Sulla metà più a sud del continente appena scoperto dove oggi si trova l’Uruguay, appariva questa parola: America; tutta in lettere maiuscole appena inclinate, curiosamente fuori scala e con l’aria di essere apparsa all’ultimo e solo in via sperimentale. Nel 1538, Mercatore, il nuovo arbitro della geografia planetaria collocò le due locuzioni Nord America e Sud America sulle due metà del quarto continente.
E con ciò il nome era ormai al sicuro e non sarebbe mai più cambiato. E con un nuovo continente al suo posto, il mare che lo separava dal Vecchio Mondo di Europa e Africa, il mare che era stato variamente nominato Mare Oceano, Oceano Etiope, Oceano Occidentalis, Grande Mare Occidentale, Mare Glaciale e, nelle Storie di Erodoto del quinto secolo a. C., Atlantico, divenne, finalmente, grazie all’imprimatur primo-cinquecentesco di Mercatore senza alcun dubbio, un oceano distinto e dai contorni definiti con una una propria, esclusiva identità. Simon Winchester si serve di una decina di capitoli per ben quattrocentottantaquattro pagine per raccontare duemilacinquecento anni di esplorazioni, guerre, commerci e disastri, l’ultra millenaria relazione fra l’Atlantico e gli umani – predatori vichinghi e monaci irlandesi, cacciatori di balene e mercanti di schiavi, posatori di cavi e pirati – , mescolando storia e aneddoto, geografia e ricordi personali, e scienza. Tante pillole di storia legate l’una all’altra come quella della conchiglia Haustellum brandaris o murice comune, effigiato sulla banconota marocchina da 200 dirham che celebra l’importanza di questo mollusco nell’economia nordafricana di tremila anni fa.
I mercanti fenici raccoglievano le conchiglie sulla costa atlantica ed estraevano la tinta porpora dalla ghiandola del mollusco per poi venderla nei porti del Mediterraneo. Erano necessarie diverse parecchie migliaia di murici per produrre la porpora necessaria a colorare un solo capo. Per un migliaio di anni la vera porpora valeva, all’oncia, venti volte il prezzo dell’oro. La collaudata esperienza fenicia di navigazione delle coste nordafricane fu la chiave che dischiuse l’Atlantico e fece scomparire la paura di affrontare le acque sconosciute al di là delle Colonne d’Ercole: “Molti vi passeranno attraverso, e la loro conoscenza sarà accresciuta”. È merito dei gasteropodi dalla ghiandola porporina, e dei Fenici se è divenuta concreta l’idea che il sapere derivi solo dalla capacità di cogliere rischi e opportunità.
Un’idea che è nata sulla soglia dell’oceano Atlantico. Passerà un millennio per conoscere l’islandese, o meglio il norreno Leif Eriksson, il figlio giramondo di Erik il Rosso, per avere la conferma che nel 1001 sia stato il primo europeo a essere sbarcato da qualche parte sul continente americano ben prima di Cristoforo Colombo. Ancora pillole ricordano che circa 164 mila anni fa, infatti, i sapiens che abitavano le grotte costiere di Pinnacle Point – un promontorio vicino alla città di Mossel Bay in Sudafrica – iniziarono a sfruttare le risorse marine disponibili, come dimostrano i resti di molluschi, lumache di mare e mammiferi marini ritrovati nella grotta nota alla comunità archeologica come PP13B, situata a pochi metri al di sopra della linea dell’alta marea.
Atlantico – Grandi battaglie marine, scoperte eroiche, tempeste titaniche e un vasto oceano di un milione di storie – di Simon Winchester, traduzione di Jacopo M. Colucci, anno di pubblicazione 2013, pagine 484, € 32,00
Il nome Atlantico prese piede nel 1507 quando fu pubblicata la rappresentazione cartografica del tutto nuova del pianeta. Sulla metà più a sud del continente appena scoperto dove oggi si trova l’Uruguay, appariva questa parola: America; tutta in lettere maiuscole appena inclinate, curiosamente fuori scala e con l’aria di essere apparsa all’ultimo e solo in via sperimentale. Nel 1538, Mercatore, il nuovo arbitro della geografia planetaria collocò le due locuzioni Nord America e Sud America sulle due metà del quarto continente.
E con ciò il nome era ormai al sicuro e non sarebbe mai più cambiato. E con un nuovo continente al suo posto, il mare che lo separava dal Vecchio Mondo di Europa e Africa, il mare che era stato variamente nominato Mare Oceano, Oceano Etiope, Oceano Occidentalis, Grande Mare Occidentale, Mare Glaciale e, nelle Storie di Erodoto del quinto secolo a. C., Atlantico, divenne, finalmente, grazie all’imprimatur primo-cinquecentesco di Mercatore senza alcun dubbio, un oceano distinto e dai contorni definiti con una una propria, esclusiva identità. Simon Winchester si serve di una decina di capitoli per ben quattrocentottantaquattro pagine per raccontare duemilacinquecento anni di esplorazioni, guerre, commerci e disastri, l’ultra millenaria relazione fra l’Atlantico e gli umani – predatori vichinghi e monaci irlandesi, cacciatori di balene e mercanti di schiavi, posatori di cavi e pirati – , mescolando storia e aneddoto, geografia e ricordi personali, e scienza. Tante pillole di storia legate l’una all’altra come quella della conchiglia Haustellum brandaris o murice comune, effigiato sulla banconota marocchina da 200 dirham che celebra l’importanza di questo mollusco nell’economia nordafricana di tremila anni fa.
I mercanti fenici raccoglievano le conchiglie sulla costa atlantica ed estraevano la tinta porpora dalla ghiandola del mollusco per poi venderla nei porti del Mediterraneo. Erano necessarie diverse parecchie migliaia di murici per produrre la porpora necessaria a colorare un solo capo. Per un migliaio di anni la vera porpora valeva, all’oncia, venti volte il prezzo dell’oro. La collaudata esperienza fenicia di navigazione delle coste nordafricane fu la chiave che dischiuse l’Atlantico e fece scomparire la paura di affrontare le acque sconosciute al di là delle Colonne d’Ercole: “Molti vi passeranno attraverso, e la loro conoscenza sarà accresciuta”. È merito dei gasteropodi dalla ghiandola porporina, e dei Fenici se è divenuta concreta l’idea che il sapere derivi solo dalla capacità di cogliere rischi e opportunità.
Un’idea che è nata sulla soglia dell’oceano Atlantico. Passerà un millennio per conoscere l’islandese, o meglio il norreno Leif Eriksson, il figlio giramondo di Erik il Rosso, per avere la conferma che nel 1001 sia stato il primo europeo a essere sbarcato da qualche parte sul continente americano ben prima di Cristoforo Colombo. Ancora pillole ricordano che circa 164 mila anni fa, infatti, i sapiens che abitavano le grotte costiere di Pinnacle Point – un promontorio vicino alla città di Mossel Bay in Sudafrica – iniziarono a sfruttare le risorse marine disponibili, come dimostrano i resti di molluschi, lumache di mare e mammiferi marini ritrovati nella grotta nota alla comunità archeologica come PP13B, situata a pochi metri al di sopra della linea dell’alta marea.
Atlantico – Grandi battaglie marine, scoperte eroiche, tempeste titaniche e un vasto oceano di un milione di storie – di Simon Winchester, traduzione di Jacopo M. Colucci, anno di pubblicazione 2013, pagine 484, € 32,00