“Had we lived I
should have had a tale to tell of the hardihood, endurance and courage of my
companions which would have stirred the heart of every Briton. Robert F.
Scott”
Fossimo sopravvissuti, avrei avuto
una storia da raccontarvi sull’ardimento, la resistenza ed il coraggio dei miei
compagni che avrebbe commosso il cuore di ogni britannico.
Questa è la
celebre lettera trovata dentro la sua tenda
sei mesi dopo la morte di Scott e dei suoi uomini.
Anche
se è un pezzo di storia la spedizione Terra Nova del 1910-1913 rimane una
storia epica anche se sconosciuta a molti. South Pole racconta la vita e il
coraggio di Robert F. Scott e della sua squadra composta da Edward Wilson, Edgar Evans,
Lawrence
Oates e dal tenente Henry Bowers.
Arrivati al Polo Sud il 18 gennaio 1912, la delusione fu enorme, quando si resero conto che
Amundsen li aveva preceduti di diverse settimane: sul ghiaccio svettava ancora
la bandiera norvegese, lasciata da Amundsen già il
14 dicembre 1911 Nel tentativo di tornare indietro
verso la loro barca, morirono congelati
a sole 11 miglia da un grande deposito di viveri allestito per la sua
spedizione.
Caratterizzato
da una collezione di splendide fotografie in bianco e nero a fianco di voci del
diario straziante di Scott, questo volume presenta crudamente la spedizione.
Quando la nave baleniera Terra Nova salpò da Cardiff nel Galles,
il 15 giugno del 1910, mise in moto una serie di eventi straordinari che
sarebbero iniziati in mare. Nei cinque mesi di navigazione verso l’Antartide,
la spedizione rischia di terminare per
ben due volte. Prima a causa di una violenta tempesta e in seguito
quando rimane imprigionata nel pack antartico. Ma il Capitano Robert Falcon
Scott e i suoi sessantacinque uomini di equipaggio – ufficiali, marinai e
scienziati - reagirono con coraggio
e determinazione.
Il team scientifico, guidato
dallo zoologo Edward Wilson, si mise subito al lavoro. In navigazione gli
scienziati fecero osservazioni magnetiche e meteorologiche, misurarono le
profondità dell’oceano e raccolsero ed osservarono una miriade di forme di vita.
Dal minuscolo plancton al mammifero più grande, come la balenottera
azzurra. Tutti a bordo parteciparono nella catalogazione degli animali, e sulla
nave risuonavano costantemente grida eccitate come “Balena!” o “Delfino!” Anche le canzoni
accompagnavano la grande attività a bordo anche se, come scriverà l’assistente
zoologo Apsley
Cherry-Garrard, nel suo libro Il peggior
viaggio del mondo, “quasi nessuno sapeva cantare” Quando la Terra Nova si diresse a sud, facendo
alcuni scali nel Sud Atlantico, una inebriante atmosfera di aspettativa
cresceva tra gli uomini. Ma in ottobre Scott riceve un telegramma “Permetto informarla Fram diretta
Antartide. Amundsen”.
Il
messaggio proietta dunque Scott in una gara. Alla fine di ottobre la Terra Nova arriva in Nuova Zelanda. Qui
il tenente Henry Bowers fa scorta di provviste ed equipaggiamenti stipando la
nave magistralmente. Il carico comprende numerose baracche prefabbricate, letti
con materassi a molla, ogni sorta di equipaggiamento scientifico e fotografico,
tre motoslitte, 162 carcasse di montone, 19 pony, 33 cani, 25 tonnellate di
petrolio, e più di 450 tonnellate di carbone. (a differenza delle navi più
moderne dello stesso periodo, come la Fram
di Amundsen – che erano passate al petrolio, la Terra Nova andava ancora a carbone.) “Dire che eravamo stracarichi”
– scrive Cherry-Garrard – “è una moderata affermazione dei fatti” La Terra Nova lascia la Nuova
Zelanda il 26 novembre del 1910, all’inizio dell’estate nell’emisfero
merdionale. Nei primi giorni di dicembre una violenta tempesta rischia di far terminare la spedizione anzitempo:
nelle fasi più drammatiche, mentre la nave imbarca acqua, un guasto della pompa di sentina costringe gli uomini ad intervenire con dei secchi.
Il veliero riesce a sopravvivere ma la spedizione deve sopportare la
perdita di due pony, un cane, 10 tonnellate
di carbone e
65 galloni di carburante. Ma non l’ottimismo. Che sarà di
nuovo messo a dura prova da un altro evento. Il
10 dicembre la Terra Nova raggiunge il pack antartico e ne rimane
imprigionata per 20 giorni prima
di riuscire a liberarsi.
Scott
si affeziona sempre di più alla Terra
Nova e così la descrive in una
lettera che invia alla famiglia “… ha
urtato i ghiacci schiacciando, stridendo e graffiando e ne ha evitati altri…
sembra una creatura viva che lotta in una mirabile battaglia”.
Il ritardo
ebbe però anche qualche beneficio – come dare la possibilità all’equipaggio
esausto di esercitarsi. Il sottotenente norvegese Tryggve Gran, esperto sciatore,
diede lezioni sul pack, perfezionando le capacità per i viaggi in slitta che
avrebbero affrontato. La bellezza del paesaggio era abbagliante, dai pinnacoli
di ghiaccio che si ergevano fino a 25 piedi di altezza, alle albe che tingevano
il cielo di malva, verde e blu brillante. La quiete del pack fu uno sfondo
tranquillo per il giorno di natale del 1910, con gli officiali che cantavano
cori natalizi durante la cena a base di pinguini di Adelia e champagne. La Terra
Nova avvista l’isola
vulcanica di Ross, nel mare di Ross, la notte di capodanno. Dopo
un’esplorazione infruttuosa di Capo
Crozier sul lato orientale, la nave fa rotta per il canale McMurdo. Lo sbarco viene effettuato nella Penisola
Skuary chiamata così per gli Skua, grandi uccelli simili ai gabbiani che li vi
nidificavano. Scott la rinomina Capo Evans,
intitolandola al tenente Teddy Evans, il secondo in comando della spedizione.
Capo Evans si trova nella parte
occidentale dell’isola di Ross ed è qui che Scott decide di stabilire il campo
base, dove avrebbero avuto un accesso più vicino alla Barriera, punto di
partenza per la spedizione diretta al Polo Sud programmata per l’estate
successiva.