Caccia grossa degli archeologi guidati da Sebastiano Tusa della Soprintendenza del Mare di Palermo durante una ricognizione subacquea nei fondali di Torretta Granitola a Campobello di Mazara (provincia di Trapani).
I sub hanno verificato la consistenza di un reperto di grande interesse paleontologico nella stessa zona dove, alcuni anni fa, furono identificati due molari fossili di Elephas Mnaidriensis, una varietà di elefante di media taglia vissuto in Sicilia tra 100.000 e 200.000 anni fa.
Non lontano dal luogo di rinvenimento dei molari è stata individuata una lunga zanna, parzialmente conservata e fortemente inglobata nel conglomerato naturale prodotto di accumuli alluvionali evidentemente di epoca pleistocenica. La zanna è lunga oltre un metro e risulta sezionata a metà longitudinalmente.
Si intravede la struttura interna laminare della zanna le cui dimensioni confermano l’identificazione al Mnaidirensis dell’elefante già indiziato attraverso i precedenti rinvenimenti. Nelle vicinanze inoltre sono state identificate probabili orme di elefante nel banco conglomeratico presente sul fondo del mare.
Con i rinvenimenti attuali è ormai chiaro che i resti dell’elefante si trovano sparsi in una limitata area non in connessione anatomica, bensì disconnessi ma raccolti all’interno di un deposito conglomerato a ciottoli, prodotto di deposizione alluvionale.
I sub hanno verificato la consistenza di un reperto di grande interesse paleontologico nella stessa zona dove, alcuni anni fa, furono identificati due molari fossili di Elephas Mnaidriensis, una varietà di elefante di media taglia vissuto in Sicilia tra 100.000 e 200.000 anni fa.
Non lontano dal luogo di rinvenimento dei molari è stata individuata una lunga zanna, parzialmente conservata e fortemente inglobata nel conglomerato naturale prodotto di accumuli alluvionali evidentemente di epoca pleistocenica. La zanna è lunga oltre un metro e risulta sezionata a metà longitudinalmente.
Si intravede la struttura interna laminare della zanna le cui dimensioni confermano l’identificazione al Mnaidirensis dell’elefante già indiziato attraverso i precedenti rinvenimenti. Nelle vicinanze inoltre sono state identificate probabili orme di elefante nel banco conglomeratico presente sul fondo del mare.
Con i rinvenimenti attuali è ormai chiaro che i resti dell’elefante si trovano sparsi in una limitata area non in connessione anatomica, bensì disconnessi ma raccolti all’interno di un deposito conglomerato a ciottoli, prodotto di deposizione alluvionale.