I Clipper, apogeo dell’età della vela, e gare di velocità sui sette mari

Maserari veleggia a 30 nodi!
In questo momento,  sono le 18.00, a tre giorni dalla partenza da New York Giovanni Soldini con il suo Maserati ha percorso 1252 miglia, una media di quattrocento al giorno. Se queste sono le premesse ci aspettiamo di vedere demolito il record di 57 giorni, 3 ore e due minuti stabilito da Yves Parlier nel 1998.
Centosessantadue anni fa, la mattina del 31 agosto 1851, il comandante Perk Creesy con il suo nuovo straordinario clipper Flying Cloud, passata l’imboccatura della baia di San Francisco piombò nel Golden Gate fermandosi un istante prima di entrare nella baia, il tempo di far salire a bordo il pilota che l’avrebbe condotto all’attracco. Nel giro di poche ore tutta San Francisco sapeva che il Flying Cloud, aveva effettutato la traversata da New York al Golden Gate in 89 giorni e 21 ore, battendo il precedente primato del Surprise di circa una settimana.
La copertina di Clipper
Era la San Francisco della corsa all’oro, la testa di ponte sul mare di un variopinto esercito di cercatori di tesori che non sapevano quasi nulla dei deserti della California e meno ancora delle tecniche di estrazione, ma che erano spinti dall’eccitante certezza di diventare ricchi
Dopo aver venduto il carico di formaggio, di burro e di altri prodotti grandemente apprezzati nella lontana metropoli, Creesy riprese il mare e completò il giro del mondo traversando l’oceano Pacifico fino a Canton e poi doppiando il capo di Buona Speranza, prima di tornare a New York con un carico di tè fresco. Al loro arrivo, il capitano e la sua nave ricevettero un’accoglienza entusiastica. La stampa definì il viaggio una vittoria nazionale. “Abbiamo sotto gli occhi il giornale di bordo del Flying Cloud”, scrisse un giornalista. “È il documento più stupefacente che sia mai stato redatto; mai una traversata così veloce è stata effettuata in condizioni tanto sfavorevoli.” Con questo solo viaggio intorno al mondo il Flying Cloud aveva ripagato i costi di costruzione, e gli armatori gli furono enormemente riconoscenti: stamparono il giornale di bordo in lettere d’oro su seta bianca e lo distribuirono agli amici della ditta nella speranza che si ricordassero dell’impresa quando il Flying Cloud avesse di nuovo fatto rotta per la California.
Trentadue giorni la differenza con il record di Parlier, sembrano una enormità, in realtà se si considerano le difficoltà incontrate da Creesy, il tempo del Flying Cloud, fatte le debite differenze tra un clipper e le super tecnologiche barche di oggi, quegli ottantanove giorni sono un tempo incredibilmente breve.


1851, New York, il Flying Cloud imbarca le merci
Nel libro Clipper, che vi invitiamo a leggere, è descritto il fascino di quelle grandiose navi apogeo dell’età della vela oltre all’epica traversata del Flying Cloud. In copertina il Clipper Golden State in rotta per San Francisco durante il viaggio inaugurale.
Ve ne proponiamo alcuni brani per invogliarvi ad acquistarlo.
…Le prime notizie della scoperta dell’oro nei contrafforti della Sierra Nevada erano state accolte nella costa orientale con un sano scetticismo, ma presto le prove divennero inconfutabili. Nel dicembre del 1848 il presidente James Polk riconobbe ufficialmente l’importanza della scoperta annunciando che i “resoconti sull’abbondanza di oro in quel territorio sono talmente straordinari da risultare poco credibili qualora non fossero corroborati da documenti autentici”. Più o meno nello stesso periodo, una cassetta contenente pepite e pagliuzze provenienti dai filoni californiani per un valore di 3000 dollari fu esposta al ministero della Guerra a Washington. Ogni giorno vi si raccoglieva davanti una folla ipnotizzata dalla promessa di una facile ricchezza.
Un’eccitazione prossima al delirio si diffuse per tutto il paese. Dalle fattorie del New England alle miniere di carbone della Pennsylvania una legione di uomini decise di partire per la parte opposta del continente. Praticamente tutti i natanti della costa orientale in grado di tenere il mare furono requisiti per il trasporto dei cercatori. Tra l’aprile del 1847 e l’aprile del 1848 erano arrivate a San Francisco, allora una città sonnolenta che contava meno di un migliaio di abitanti, solo 13 navi provenienti dai porti dell’Atlantico; nel 1849 non meno di 775 imbarcazioni raggiunsero la nuova Golconda. A quel tempo esistevano soltanto una dozzina di clipper, quasi tutti destinati alla rotta per la Cina. L’unico a partecipare alla corsa all’oro del 1849 fu il Memnon, che aveva facilmente stabilito un primato arrivando a San Francisco da New York il 28 agosto dopo 122 giorni di navigazione.
The Way they go to Califonia, una vignetta del 1849
Fino ad allora 200 giorni erano considerati un tempo di tutto rispetto per coprire le 15.000 miglia attraverso capo Horn. I mercanti di ritorno all’Est capirono presto che c’era da fare un bel po’ di denaro con il trasporto in California di merci, oltre che di passeggeri. La popolazione di San Francisco cresceva a un ritmo eccezionale (entro la fine dell’anno avrebbe superato i 20.000 abitanti) e i prezzi erano incontrollati. Un barile di farina da 5 dollari veniva venduto a 50. Un quotidiano dell’Est da un penny, vecchio di quattro mesi, si vendeva a un dollaro, come anche un uovo; un mazzo di carte valeva 5 dollari… Il problema era quello di costruire clipper sempre più veloci e grandi, più carico più guadagno.
È con queste premesse che emerge Donald McKay il progettista di 13 clipper che raggiunsero velocità tali da permettere 400 o più miglia al giorno, quante ne ha percorse oggi il Maserati!
…All’inizio del 1851, prima della fine del viaggio inaugurale dello Stag Hound, il secondo clipper di McKay, il Flying Cloud, richiamava già i visitatori al cantiere.  La grossa nave aveva proporzioni imponenti: 1783 tonnellate di stazza, 70 m di lunghezza, 12,50 m di larghezza e 6,55 m di pescaggio. Era il più grande mercantile del mondo, destinato ad aprire la nuova era delle costruzioni navali in tutto il mondo…
La mattina del 15 aprile 1851 la folla si riversò dal traghetto di East Boston. La baia era disseminata di barche a vela e a remi, e il cantiere di McKay, il ponte di Chelsea e perfino gli alberi delle imbarcazioni e i tetti vicini brulicavano di gente in attesa del varo. Quando i puntelli furono martellati via dagli scivoli ingrassati col sego, il nuovo clipper capolavoro di Donald McKay, cominciò a scivolare nell’invasatura, prese velocità e, sollevando spruzzi altissimi, entrò di poppa nell’acqua. Gli alberi di gabbia non erano stati ancora fissati, ma dai moncherini degli alberi inferiori le bandiere sventolavano, e i lunghi pennoni schioccavano e garrivano nella frizzante brezza primaverile. L’angelo della polena, sfavillante di bianco e oro, si inchinava alla folla entusiasta degli spettatori mentre il grande clipper beccheggiava, rollava, si raddrizzava allontanandosi dalla riva. Esplosero i fischi, i cappelli sventolarono, e scrosciarono gli applausi. Henry Wadsworth Longfellow, il celebre, popolare scrittore americano che aveva costantemente seguito la costruzione del Flying Cloud, descrisse l’avvenimento in uno dei suoi poemi: “Si avvia, si muove, sembra avvertire il palpito della vita lungo lo scafo, e, scalciando col piede la terra, con un balzo gioioso e trionfante, si getta in braccio all’Oceano!”
Il progettista Donald McKay
…Vari giorni dopo, con la formaggetta in cima all’albero di maestra a 60 metri d’altezza (quanto un palazzo di 20 piani) e gli attrezzatori che mettevano a punto i chilometri di sartie e di cime, fu rimorchiato a New York. A bordo c’era il capitano Josiah Perkins Creesy che, cresciuto a Marblehead, si era imbarcato ancora adolescente e a ventitré anni era stato nominato comandante. Ora ne aveva trentasette, era un brizzolato veterano della rotta della Cina, chiamato Perk dagli amici, ma non dagli equipaggi.
…E finalmente, alle due pomeridiane del 2 giugno 1851, mentre la bandiera rossa e blu a coda di rondine della Grinnell, Minturn & Co. sventolava sulla testa d’albero, il clipper lasciò il molo allo sbocco di Maiden Lane. Attraversò lentamente i Narrows e vicino a Sandy Hook incontrò un buon vento pomeridiano da ovest. Con fragoroso rumore la vela di maestra fu messa a collo per un momento, il pilota discese la scaletta di corda e saltò
sul ponte beccheggiante della sua goletta. Il grande scafo che si ergeva sopra di lui si rimise in movimento. Il vento al gran lasco gonfiò i decontrovelacci, i controvelacci, i velacci, le vele di gabbia e i colteIlacci, e gli alberi scricchiolarono mentre prendeva velocità. Due onde bordate di bianco si formarono ai lati della prua affilata; sull’onda formata dallo scafo la poppa arrotondata si sollevò gettandosi spumeggiando nell’oceano verso capo Horn e il Golden Gate per un viaggio che rimase indimenticabile. Quando il Flying Cloud prese il mare, il primato del passaggio in California era detenuto dal Surprise, un clipper della A.A. Low & Bra. che aveva totalizzato 96 giorni…
Il 5 giugno fu un giorno di “buone brezze, tempo bello”, come annotò laconicamente sul giornale di bordo. Ma erano brezze di nordovest e, come spesso nell’Atlantico, le brezze di nordovest rinfrescano fino a trasformarsi in venti forti e poi in burrasche. Le attrezzature del Flying Cloud, tese come le corde di un violino gigante, con il rinfrescarsi del vento suonavano la loro monotana melopea. I marosi divennero colline sempre più alte che si abbattevano sulla nave sollevandone la poppa e rotolando di fianco; le enormi onde lunghe ricadevano a proravia con le creste spazzate dal vento che inondavano la coperta di spruzzi salati. Due uomini bastavano appena a manovrare le caviglie del grosso timone per impedire al massiccio scafo di mettersi al traverso. D’improvviso, con una serie di schiocchi simili a esplosioni, la canapa elastica che sosteneva gli alberi superiori si tese e cedette. Nel giro di pochi secondi, l’alberetto di velaccio e quelli di decontrovelaccio e di controvelaccio che lo prolungavano si inclinarono di fianco. Con un rumore di legno spezzato, di vele squarciate e di bozzelli che cadevano, l’alberetto di velaccio si schiantò sul ponte in un groviglio di sartie, trascinando nella caduta le manovre superiori dell’albero di mezzana.
Flying Could doppia Capo Horn in mezzo a una burrasca
Perso il sostegno, l’alberetto di belvedere si spezzò con un rumore secco e cadde sui rottami. Mentre il primo ufficiale gridava agli uomini di precipitarsi ai posti di manovra, Creesy ordinava ai timonieri di mettere la prua al vento. I gabbieri montarono a riva e strisciarono sui pennoni, e alcuni rischiarono di cadere in mare quando il pennone di gabbia, uno dei più lunghi del clipper, si spaccò e fu trascinato verso il basso dal groviglio delle manovre. La disalberatura anche parziale di un clipper durante una burrasca può far gelare il sangue al più consumato lupo di mare. La nave era sballottata dalle onde al traverso. Il vento frustava i pennoni facendoli oscillare in parabole micidiali. l bozzelli scudisciavano selvaggiamente. Le onde spazzate dal vento superavano le murate e trascinavano gli uomini inzuppati per tutta l’estensione del ponte. Parte dei rottami, ancora attaccati alle manovre aggrovigliate, erano stati scagliati fuori bordo: se non fossero state tagliate le manovre, i frammenti di alberi avrebbero
sbattuto contro i fianchi della nave, ne avrebbero spezzato il fasciame e l’avrebbero fatta affondare. Creesy gridò gli ordini all’orecchio del primo ufficiale: le cime che, passando al di sopra delle murate, trattenevano i rottami nell’acqua furono tagliate e le attrezzature residue furono assicurate. Il Flying Cloud fu rimesso in rotta. Con le vele ridotte era un poco più stabile. E Creesy annotò sul giornale di bordo: "Perduti l’alberetto di velaccio e l’alberetto di belvedere, e il pennone di gabbia". Il Flying Cloud avanzò nella notte burrascosa. Verso la fine della mattinata la tempesta si calmò un poco, ma oramai il clipper aveva già perso molta velocità. Nel frattempo tuttavia l’equipaggio lavorava febbrilmente.
L’epopea dei Clipper
Il vento calò e girò da nordovest a ovest e sudovest, gli alberetti e i loro pennoni furono sostituiti, nuove manovre furono tesate e i mantigli issati, mentre il clipper avanzava lento verso sud. Il giorno dopo era tutto a posto: miracolosamente, nel giro di 48 ore, la nave era tornata in condizioni normali. L’a giugno, Creesy annotò: "Tempo bello, spiegate tutte le vele".
…Questa volta Creesy decise di rischiare e di lasciare i velacci sbrogliati per vedere che cosa sarebbe successo. A gambe larghe sul casseretto inclinato, vide la sua bella nave fare un balzo in avanti a ogni raffica. Un ufficiale e i suoi uomini, sporti dalla murata sottovento, misurarono con il solcometro la velocità della nave. Un uomo gettava fuori bordo un pezzo di legno zavorrato chiamato barchetta; un altro osservava una clessidra mentre la sagola, marcata a intervalli regolari e attaccata al galleggiante, si dipanava dal tamburo. Misurando la quantità di sagola che andava in mare in un determinato periodo di tempo, desunsero la velocità del Cloud che, con grande stupore del capitano e dell’equipaggio, superava i 18 nodi. Dapprima non lo credettero, ma quando la signora Creesy calcolò con il sestante il percorso effettuato da un mezzogiorno a quello successivo, si scopri che il clipper aveva percorso 374 miglia nautiche a una media di circa 15,5 nodi. Nessun veliero aveva mai raggiunto una simile velocità.
Presto altri clipper avrebbero veleggiato ancora più in fretta, ma sarebbe dovuto passare quasi un quarto di secolo prima che una nave a vapore eguagliasse il primato del Flying Cloud. Nella sua straordinaria corsa verso il Golden Gate, con l’angelo bianco e oro della palena che tagliava le onde come un delfino…

A sinistra la copertina del libro La lunga rotta dei Clipper di
Sir Francis Chichester
Raccolta di affascinanti episodi di vita di mare. Breviario di una grande impresa spirituale: l'anello di congiunzione tra gli amanti del mare dell'era moderna e lo spirito dei marinai del passato.