Nero d’Avola, mandorla pizzuta e ora anche una nave da guerra del XVIII secolo

La battaglia di Capo Passero nel dipinto  di Richard Paton
La notizia di fine settembre  sembra che ci riporti a circa tre secoli fa. Quando nel 1718 si combatteva la Guerra della quadruplice alleanza, il regno di Spagna contro il resto del mondo, ovvero Inghilterra, Francia, Austria e Olanda.
La battaglia decisiva si svolse a Capo Passero l’11 agosto di quell’anno: la flotta inglese al comando dell’ammiraglio sir George Byng, I° Primo Visconte di Torrington, sgominò quella spagnola agli ordini del vice-ammiraglio Don Antonio de Castaneta. A quei tempi la potenza di una nave da guerra si giudicava dai cannoni imbarcati. L’ammiraglia della flotta inglese, la poderosa HMS Barfleur, era armata con 90 pezzi, la rivale, la Real San Felipe, soltanto 74! In totale le 22 navi inglesi sparavano le loro salve con 1354 cannoni mentre gli spagnoli, che di navi ne avevano 26, rispondevano con il fuoco di 1089  cannoni.
Ora la domanda che si pone l’archeologo Sebastiano Tusa, direttore della Soprintendenza del Mare della Sicilia, è proprio questa. “I cinque cannoni di ferro, l’affusto completo, la spingarda, le palle di cannone e il materiale ferroso concrezionato ancora non identificato che abbiamo trovato in sette metri d’acqua, nella sabbia di fronte alla spiaggia di Avola, tra Siracusa e Capo Passero nel golfo di Noto, appartengono a una delle sette navi spagnole affondate nel 1718? Ipotesi affascinante. Facendo una prova di sondaggio nella sabbia, continua Tusa, abbiamo trovato sotto la sabbia a una decina di centimetri delle parti lignee, immaginiamo debba esserci parte dello scafo. Non possiamo saperlo perché è uno dei classici esempi di spostamento del fondo sabbioso con le correnti che ha messo in evidenza il rinvenimento. Impossibile ora stabilire quanto ci sia dello scafo della nave.
Al centro Sebastiano Tusa
Comunque abbiamo trovato parti consistenti di fasciame e di ordinate. Per quanto riguarda la datazione dovrebbe essere tra il 700 e l’800. I cannoni sono molto grossi, la forma è quella inizio settecento e ottocento. Come identificazione ancora non ci siamo, dobbiamo tornarci a breve per identificare il nome della nave esaminando con attenzione qualche araldo nei cannoni che attendono di essere puliti dalle incrostazioni che verrà effettuata direttamente in acqua. 
Le prossime mosse sono, conclude Tusa, continuare l’investigazione per identificare il relitto, proteggere l’area (è stata già emessa un’ordinanza) e poi, anche se il momento è assai critico, aspettiamo di trovare dei finanziamenti, però con quello che possiamo fare noi con i nostri mezzi e personale, l’aiuto della GdF oltre a quello dei volontari, speriamo di fare qualche sondaggio più approfondito prima dell’inverno pieno.”
L’affusto completo di ruote
Il rinvenimento è il risultato di una attività coordinata dal Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo e del suo comandante, il Colonnello Costanzo Ciaprini e dalla Soprintendenza del Mare. I cannoni sono stati individuati casualmente per la prima volta dal finanziere Bruno Magnano durante un’immersione. Rappresentano un ritrovamento eccezionale sia per lo stato di conservazione che per la natura stessa degli oggetti. Il fatto che il supporto ligneo dell’affusto dei cannoni poi sia rimasto integro comprese le ruote è un fatto eccezionale. Il Soprintendente Tusa ha sottolineato l’eccezionalità della scoperta, frutto dell’intesa tra la GdF e la Soprintendenza, importantissima dal punto di vista storico oltre che archeologico. Inoltre da non sottovalutare l’importanza formativa del ritrovamento che darà la possibilità di creare nuove competenze con la possibilità di allestire una campagna di ricerca e di scavo prolungata. I reperti al momento rimangono sul fondo del mare costantemente presidiati dalla Guardia Costiera che ha già interdetto la zona alla navigazione.
Così Avola già famosa nel mondo per il suo “Nero” e la pasticceria, legata alla Mandorla Pizzuta d'Avola, se le ipotesi di Tusa verranno confermate, sarà famosa anche per il relitto spagnolo, che magari sarà quello della  nave Esperanza da 46 pezzi comandata da Don Juan Delfino y Barlande. Chissà?

Le operazioni a mare sono state condotte dai subacquei della Soprintendenza del Mare con il supporto di Matteo Azzaro del Diving "El Cachalote" di Marzamemi, dal nucleo sommozzatori della Guardia di Finanza di Messina e dalla Sezione Operativa Navale della GdF di Siracusa.
Nell'ultimo anno il Reparto navale delle Fiamme gialle ha rinvenuto, sempre nel Siracusano, un cannone spagnolo a Capo Passero, uno a Capo del Melo, e due ancore di epoca romana a Capo Murro di Porco.
Le immagini sono fermi immagine del video messo in rete dalla GdF