Catalogo a cura dell’Associazione Historia |
Ora il libro si è trasformato in questa mostra itinerante che lo stesso “ardimentoso” giovane ha costruito a sue spese creando ad hoc una società personale che ha chiamato Archemilia.
Come è stata a sue spese la ricerca frutto di anni di studi per un argomento che è rimasto indietro negli studi storico-archeologici.
Giardina ha affrontato direttamente la ricerca con la raccolta personale delle informazioni, dei dati e dei riscontri scientifici: così che dalla loro somma ha saputo assemblare e interpretare tanti brandelli in un quadro complessivo, mettendone anche in luce aspetti inediti e riuscendo a precisare caratteristiche architettoniche e tipologie, formulando ipotesi sulla forma dei fari, scuole e modelli che si sono evoluti dalla preistoria all’età medievale.
La mostra fino al 31 agosto è a Pyrgi, a settembre sarà nel Forte Michelangelo di Civitavecchia.
“Un tema così importante, quello dei fari – scrive Flavio Enei direttore del Museo nel catalogo della mostra – non poteva non trovare spazio presso di noi, per dare la possibilità di entrare nella loro storia seguendone la luce che, da millenni, guida gli uomini del mare verso la meta del loro viaggio e la salvezza in porti sicuri.”
Il direttore Flavio Enei con Baldassarre Giardina |
Dai lontani presupposti di epoca arcaica, attraverso il mondo classico greco e fenicio, l'esposizione giunge, quindi, a trattare in modo puntuale il tema del primo grande Faro del mondo antico, dal quale rutti gli altri in seguito hanno preso il nome: la meravigliosa torre alta ben centimetri costruita nel III secolo a.C. sull'isola di Pharos, nel porto di Alessandria d'Egitto, alla foce del Nilo. Fu costruita per volere del sovrano Tolomeo I grazie alle capacità non comuni dell'architetto Sostrato di Cnido.
Giardina con Giulia D’Angelo |
Gli antichi ci raccontano come molti fari fossero veri e propri punti di riferimento anche per il commercio che vi si svolgeva intorno, con tanto di souvenir venduti ai “turisti” di passaggio: una vita senza dubbio molto intensa, dedicata al loro presidio e funzionamento, alla manutenzione e alle numerose attività indotte. Una visione dei fari molto diversa da quella romantica, che li vede come remote e solitarie sentinelle del mare. La mostra è anche un'occasione per proporre una rassegna dei principali fari presenti nel mar Tirreno e dei resti che ne raccontano la struttura, toccando da vicino anche il sito di Pyrgi, il cui nome antico sembra far riferimento diretto proprio all'esistenza di una o più torri che, fin da epoche remote, dovettero caratterizzare il paesaggio costiero agli occhi dei naviganti. Non è impensabile ritenere che tale toponimo faccia riferimento anche a vere e proprie torri-faro, esistite subito a ridosso delle spiagge antiche oggi sommerse dal mare.
Giardina e il modello del faro di Alessandria d’Egitto |
Infine, la documentazione raccolta consente di concludere il viaggio attraversando il tempo che dalla riscoperta umanistico-rinascimentale conduce fino ai fari moderni, attraverso i secoli delle grandi navigazioni e delle scoperte geografiche.
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