La ricerca
L’impatto della plastica e dei sacchetti sull’ambiente marino, realizzata da Arpa Toscana e dalla struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna ha stabilito che come in Atlantico e nel Pacifico, anche nel Mediterraneo occidentale tra Italia, Spagna e Francia galleggiano 500 tonnellate di plastica, con una concentrazione maggiore di quella della cosiddetta “isola galleggiante” nell'oceano Atlantico e quella ancora più grande, la
Pacific Trash Vortex.
Abbiamo chiesto un commento a questa notizia a Franco Andaloro, da sempre amico della Libreria. Franco è biologo e naturalista, dirigente di ricerca e responsabile del Dipartimento Uso Sostenibile delle risorse dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione dell’Ambiente) oltre ad essere associato a numerose società scientifiche nazionali ed internazionali.
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Collina di rifiuti sul mare, Tiro (Libano) |
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Il problema dei macro inquinanti affondati è un problema molto grande ma di possibile soluzione almeno per quanto riguarda i fondali marini dove opera la pesca a strascico. Infatti, i pescatori quando catturano lo “sporco” ovvero rifiuti antropici che possono essere di una variabilità inimmaginabile, li ributtano in mare poiché non avrebbero dove e come scaricarli a terra anche considerando che molti di questi possono costituire rifiuti speciali. Ad eccezione di rari casi lo sporco non supera il 5% della cattura in peso anche perché la pesca a strascico frequenta sempre gli stessi fondali, quindi giorno dopo giorno elimina lo sporco che però, non potendo trasportarlo a terra lo rigetta in aree dove non pesca che diventano delle vere e proprie pattumiere. Sarebbe quindi necessario, anche in ottemperanza dei dettati internazionali come la Direttiva sulla strategia marina dell’unione Europea, realizzare una struttura per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti catturati dalla pesca creando un sistema premiale per i pescatori che comunque si mostrano oggi sensibili ad adottare buone pratiche qualora ne sia offerta loro la possibilità.
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Vortice di rifiuti nel Pacifico |
Si pone a questo punto il problema di fare convivere a bordo prodotti alimentari con rifiuti spesso speciali ma si ritiene che con un apporto tecnologico il problema sia affrontabile senza grandi difficoltà, l’unico aspetto che mi pare rilevante è quello del costo dello smaltimento nel momento attuale quando le municipalità hanno già seri problemi per i rifiuti urbani. Se invece si prendono dati della pesca a strascico sperimentale i rifiuti possono anche aumentare in percentuale soprattutto in alte profondità dove è minore la biomassa vivente e i rifiuti non sono stati mai rimossi. Non sappiamo quindi molto di quello che c’è nei fondali non pescabili o molto profondi che custodiscono anche una biodiversità per lo più sconosciuta poiché l’esplorazione marina profonda è costosa e richiede grandi mezzi strumentali che non sono, quasi mai, a disposizione della ricerca scientifica pubblica.
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Spiaggia di Al Bared, Libano |
Nei mari italiani per quanto riguarda le attività di pesca diverse dallo strascico, come le reti da posta, il problema rifiuti è invece modesto o comunque davvero marginale rispetto all’impatto sulle reti di meduse, mucillagini, alghe e arbusti e tronchi trasportati dalle correnti che talvolta intasano le reti rovinandole e richiedendo lunghi tempi per la poro pulizia. Non è però così per i paesi del bacino orientale dove, a causa delle correnti e della presenza di discariche costiere come quella di Tiro, in foto, la pesca con attrezzi da cattura enormi quantità di rifiuti che rotolano sul fondo o sono trasportati a mezza acqua che possono costituire anche oltre il 50% della cattura totale quando non le onde non li spingono sulla spiaggia come si evince dalle foto nel porto di Al Bared in Libano.
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Macro-rifiuti pescati in mare |
Qui si apre il grande problema della Cooperazione mediterranea, poiché in Mediterraneo da un lato non ha senso una politica dell’ambiente monopaese, o comunque solo Europea, e dall’altro si deve registrare la grande difficoltà delle Authority internazionali come FAO CGPM, Mediterranean Action Plan e delle numerose Convenzioni internazionali sulla tutela dell’ambiente, che al di la dall’essere o no ratificate dai paesi terzi, non sono poi applicate per motivi economici e culturali nell’indifferenza dei paesi europei che nella complessità dello scenario politico mediterraneo, la cui instabilità e complessità si sta acuendo in questi giorni, assistono impotenti. Vi è poi il problema dei macro-rifiuti galleggianti ma ne parleremo un’altra volta.”
Franco Andaloro