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Enrico Cappelleti |
Concrezioni di “Columnados” spagnoli d’argento |
Un water del Polluce |

“L’oro dell’Elba” è il primo libro-inchiesta di Cappelletti. Prima di questo, infatti, aveva dato alle stampe libri fotografici come Immagini in Immersione “Con una macchina fotografica e una pellicola in bianco e nero sott’acqua”, “Fotosub”e “Fotografare nel blu”: due manuali summa della grande cultura fotografica – segnatamente fotosubacquea – dell’autore. Il quale ha appreso tecnica dell’immersione alle Bahamas, dove faceva il croupier in un casinò, e della fotografia seguendo un corso universitario negli USA.

Correva il mese di ottobre dell’anno 2002 quando a Cappelletti capitò di leggere un “breve di cronaca”: la polizia del Regno Unito aveva restituito all’Italia “un ricco bottino in oro e gioielli che un gruppo di inglesi aveva illegalmente recuperato da una nave chiamata Pollux affondata al largo dell’isola d’Elba alla metà del XIX secolo”. Quanto basta per suscitare l’interesse di Enrico. Il quale può contare sull’amicizia di Gianluca Mirto, “uno dei più accaniti ricercatori di informazioni storiche per il riconoscimento dei relitti”, che nel 1999 ha aperto sulla rete informatica il sito www.relitti.it .
I due si mettono in caccia: “documenti, fotografie, leggende raccontate sull’isola, informazioni di prima e di seconda mano” tutto è utile a ricostruire la complessa vicenda del Polluce speronato a morte dal Mongibello, nave dell’omologa Compagnia dei Pacchebotti a Vapore del Regno delle Due Sicilie.
“L’oro dell’Elba” – sottotitolo: “Operazione Polluce”- è scritto e si legge come un romanzo d’avventure e come questo è avvincente e intrigante. Ma è a tutti gli effetti la puntuale cronaca giornalistica del recupero del tesoro trasportato dal vapore di Rubattino e la ricostruzione storica del contesto nel quale il sinistro avvenne. Un lavoro difficilissimo questo e non può ancora dirsi concluso. Rubattino fu molto coinvolto nel processo di unificazione dell’Italia sotto lo scettro dei Savoia. Nato nel 1810 (lo stesso anno di Cavour e di Ferdinando II re delle Due Sicilie) fu sicuramente testimone dello spaventoso sacco di Genova nel 1849 ad opera dei bersaglieri del generale La Marmora fecero strage dei cittadini che – trent’anni dopo - ancora non avevano digerito l’annessione della Liguria al regno sardo-piemontese. L’armatore era un po’ l’arma segreta dei Savoia: una sua nave, Cagliari, nel 1857, trasportò Carlo Pisacane e i suoi trecento giovani e forti, che sbarcarono a Sapri convinti di scatenare una rivolta popolare contro il re Borbone ma finirono fatti a pezzi dai sudditi, molto più fedeli alla loro patria effettiva che a quella utopistica dell’ex ufficiale borbonico. Nel 1860 Rubattino mise a disposizione di Garibaldi i piroscafi Piemonte e Lombardo per trasportare i Mille fino in Sicilia. Ottimo investimento: “due decreti dittatoriali pubblicati nel giornale officiale di Napoli a dì 5 ottobre 1860 firmati dal solo Garibaldi in Caserta… col primo de' quali si assegnano 450 mila franchi alla detta Società Rubattino da pagarsi dalla Tesoreria di Napoli per rinfrancarla della semplice cattura del suo battello Cagliari servito per la generosa, quanto sfortunata impresa di Carlo Pisacane; e col secondo decreto si assegnano alla stessa Società Rubattino altri 750 mila franchi, da pagarsi dalle Finanze di Napoli e di Sicilia, in compenso della perdita de' due suoi battelli il Lombardo, e il Piemonte, serviti alla prima e fausta spedizione di Sicilia; da conservarsi, e ripararsi in memoria della iniziativa del popolo italiano.”
Ma questa è un’altra storia.
Anzi: è l’altra storia, molto, ma molto diversa da quella che hanno propinato a tutti noi sui banchi di scuola.
Gaetano “Ninì” Cafiero
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