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Caterina, l'intrepida sposina |
La traversata è durata 29 giorni, cinque in più di quanto previsto a causa di una bonaccia. Ecco il racconto che Caterina ci propone. Buona lettura!
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L'equipaggio |
L’equipaggio, formato da noi due sposini, Carlo e Caterina, il comandante Daniele, la sua compagna Valentina, Andrea (detto poi Briciolo) e Michele, prima traversata per tutti, dopo tre giorni di visite nei vari supermercati e 9 carrelli di spesa, sul bellissimo Oyster 53 “Salamanda” lascia gli ormeggi alle ore 12 in direzione Martinica. L’emozione è grandissima, per i primi quattro giorni abbiamo un bel vento da nord- ovest che ci spinge a 7/8 nodi verso le isole di Capo Verde.

Purtroppo però, dopo una notte con 35 nodi di vento al gran lasco e vele ridotte, la mattina ci svegliamo in una bonaccia completa e siamo solo a 200 miglia a ovest di Capo Verde. Bonaccia che ci accompagna per quasi 6 giorni in cui proviamo a fare di tutto. Il primo giorno, dopo lunghi studi di Daniele e Carlo sul circuito, armiamo lo spi, tirandolo su e giù per 6 volte a causa della calza che non ne vuole sapere di aprirsi fino in fondo. Verso le 5 di pomeriggio finalmente riusciamo a fare tutto per bene e con lo spi appena appena gonfio procediamo a 4 nodi, ma è già quasi il tramonto e dobbiamo di nuovo disarmare per la notte.

Il pomeriggio dello stesso giorno però cambia tutto, un groppo dietro l’altro ci fa ridurre le vele, con la pioggia ne approfittiamo tutti per darci una sciacquata, ma dobbiamo tenere una rotta che ci porta un po’ troppo a nord. Passati i groppi, nei giorni successivi il vento torna ad essere scarso, a farfalla non ci muoviamo, al gran lasco le vele su ogni onda sbattono per la frenata e non ci resta che andare sempre più a nord per avere il vento al traverso.
Comunque, tra un bordo e l’altro, tra un groppo e una bonaccia, dopo 29 giorni di mare siamo quasi arrivati. Quando inizia il nostro turno, mio e di Carlo, quella notte alle 3, mancano solo 40 miglia a Martinica. Nel buio vediamo all’orizzonte un leggero chiarore: è la terra che si preannuncia con la luce. Finito il turno alle 6 non abbiamo nessuna voglia di tornare a dormire, la terra sarà visibile da un momento all’altro e non abbiamo intenzione di perderci il primo avvistamento. Proprio Carlo verso le 9 la vede: Terra! L’emozione e l’eccitazione crescono, ce l’abbiamo fatta! Ma, man mano che l’isola si avvicina, che iniziano a delinearsi i contorni e a vedersi il verde delle piante, veniamo tutti presi da una malinconia improvvisa. Eravamo un universo a parte ormai, sulla nostra barca. Da quando siamo partiti dalle Canarie il nostro paesaggio è stato per tutto il tempo lo stesso pozzetto, lo stesso timone, la stessa prua, abbiamo viaggiato in questo cerchio di mare che ci seguiva e in cui eravamo sempre al centro, vivendo ogni giorno e ogni notte emozioni diverse: il mare prima calmo e poi gonfio, le barche che ogni tanto entravano a far parte del cerchio, i delfini, la balena, i tramonti e le albe, le stelle nel cielo senza luna, la luna che ogni notte cambiava fino a sparire, le stelle cadenti viste a bizzeffe, un paio talmente belle da farmi saltare dalla meraviglia, tutto questo sta per finire, e mentre solo il giorno prima non vedevamo l’ora di arrivare, ora non vogliamo arrivare più.
Esorcizziamo la tristezza con una bottiglia di champagne aperta proprio nell’istante in cui raggiungiamo il nostro way point a sud di Martinica, scapolato il capo ed entrati nel Mar dei Caraibi la barca improvvisamente smette di rollare, io me ne accorgo solo perché riesco ad arrivare a prua senza tenermi da nessuna parte! Entriamo nella rada di Le Marin, attracchiamo e, con circa 8 giorni di ritardo, festeggiamo con una grande birra gelata al Mango Bay.
Caterina e Carlo