Vogavan tutte a scompigliata fuga
Quante navi rimase erano a noi;
E quei tavole infrante e tronchi remi.
Come di tonni o d'altri pesci in caccia.
Quante navi rimase erano a noi;
E quei tavole infrante e tronchi remi.
Come di tonni o d'altri pesci in caccia.
La fotografia della targa incisa nel tufo invece ci racconta che nel 1859 a Favignana nella “Regina delle Tonnare” il raìs era Antonio Casubolo e si catturarono diecimilacentocinquantanove tonni.
Il quadro di tale Antonio Varni è del 1876 e mostra la lavorazione dei quei tonni.
Il bianco e nero è del 1898, più di un secolo fa, mostra una mattanza nella tonnara di Portoscuso, Isola San Pietro. Francesco P. Michetti nel 1907 fotografa la tonnara di Messina. Il Principe Francesco Alliata di Villafranca nel 1949 fotografa una mattanza a Castellamare e la
A. Varni, Favignana, 1876 |
Anche Fosco Maraini, il padre della scrittrice Dacia, nel 1949 descrive un momento della pesca: “Sporgendosi oltre il bordo della “muciara” un pescatore scruta il fondo del mare attraverso lo specchio per controllare se i tonni sono giunti alla “camera della morte.”
Queste foto sono tratte dal libro di Gaetano Cafiero dal titolo Il Principe delle immagini.
La fotografia di Herbert List che mostra un
F. Alliata, Messina 1949 |
F. Michetti, Favignana 1907 |
Portoscuso, 1897 |
Fosco Maraini, Messina 1949 |
H. List, Favignana 1954 |
Ma l’immagine sicuramente più drammatica è della primavera di quest’anno. È stata scattata da un reporter dell’agenzia ANSA, mostra una ventina di migranti scampati al naufragio di un carretta del mare che si sono salvati arrampicandosi sui tubolari di una enorme gabbia galleggiante contenente migliaia di tonni destinati all’ingrasso. La gabbia è trainata da due rimorchiatori ed è in viaggio verso Malta.
M. Minnella, Favignana 1962 |
M-Bizziccari, 1982 |
L. Freed, Favignana 1975 |
Ansa, primavera 2011 |
Giovanni Basciano |
Per comprendere i motivi di questa rivoluzione ne abbiamo parlato con chi si è sempre occupato di pesca e di tonni, ovvero con Giovanni Basciano vice presidente del settore pesca dell’Associazione Generale Cooperative Italiane (AGCI Agrital). Ha sessant’anni, è trapanese doc, ha vissuto e vive in quel triangolo d’oro dove erano in funzione le più importanti tonnare siciliane come quelle di Scopello, Bonagia, Formica, Favignana, S. Cusumano.
Ecco il suo racconto.
In quegli anni non esistevano licenze ad hoc per pescare il tonno, le stesse barche attrezzate con il cianciolo per la pesca di pesce azzurro (alici, sarde, sgombri) dalla tarda primavera a inizio estate pescavano il tonno (quello che sfuggiva dalle tonnare fisse) utilizzando ciancioli più grandi e resistenti di quelli usati per le sardine.
Distribuzione del tonno e principali rotte migratorie |
Gli emissari giapponesi presenti già in tonnara usavano un tipo di spillone, lo sashibo, lo stesso che si usa per testare i formaggi, infilandolo nella pancia per ottenere un carotaggio del muscolo e così osservarne colore, consistenza, sapore e tutto ciò che permette l’apprezzamento del prezzo finale.
Le grosse aziende tonniere del sud come i Macaluso di Palermo o i Castiglione di Trapani, facevano questo grande business con le ventresche, mentre le scatolette finivano praticamente a gratis. Comunque noi mangiavamo dell’ottimo tonno in scatola che per loro, era un di più, “era grasso che colava”.
Ma alla fine degli anni ’90 i giapponesi e i coreani cominciarono nel Mediterraneo a finanziare degli impianti per lo stoccaggio dei tonni, gli inglesi lo chiamano rancing, come il recinto dove si tiene il bestiame. Le grandi navi da circuizione impararono a tenere vivo in mare il pesce una volta pescato. Mentre prima il tonno chiuso nella rete moriva per asfissia oltre che per intossicazione dell’acido lattico, che il pesce stesso dibattendosi produce all’interno dei suoi muscoli. Il tonno è l’unico pesce – a differenza di tutti pesci che hanno la stessa temperatura interna del mezzo in cui vivono – ad avere il sangue caldo; per questo tutti i processi metabolici nel tonno sono molto veloci, processi che portano a rovinare le carni. I giapponesi insegnarono agli spagnoli prima e ai maltesi dopo a tenere vivo il tonno in mare, ovvero a non chiudere completamente la rete e a lasciare questa enorme gabbia sufficientemente aperta. I subacquei stimano la quantità e il peso dei tonni presenti perché quel tonno viene subito venduto a peso vivo.
Si è arrivati alla perfezione delle stime con le riprese video analizzate al computer. Da quel momento il tonno viene trasportato con molta lentezza verso le gabbie di allevamento dove starà al massimo tre mesi per ricostituire velocemente, mangiando pesce azzurro, quel grasso che aveva perso durante e prima dell’epoca riproduttiva. A quel punto tutto il tonno, non soltanto la pancetta, diventa sushigrade. La rivoluzione è questa: non ammazzarlo subito per valorizzarlo. Una delle condizioni del sushi, oltre al grasso e all’essere freschissimo, è che deve essere ucciso senza soffrire a differenza di quello che succede nella camera della morte della tonnara o nelle reti dove muore per asfissia, una morte molto lunga e sofferta. Sbattendo si procura traumi e per il giapponesi queste carni non hanno valore. Avendoli invece in gabbia si può macellare il tonno con tutte le attenzioni per avere una morte istantanea, le stesse che si usano per la macellazioni dei bovini. Al di la degli aspetti etici questa pratica ottiene il risultato di evitare tutto lo stress e i prodotti secondari dello stress che è uno stato fisico ma anche uno stato biochimico. Quindi oggi quel tonno è perfetto per il mercato giapponese: viene alimentato per ingrassare al punto giusto e viene ucciso e lavorato in condizioni perfette perché la carne sia tutta utilizzabile per il sushi, senza ammaccature né lividi.
Quel tonno catturato in modo cruento con la mattanza andava bene per le nostre bistecche alle quali eravamo abituati, al tonno con le carni scure. Mentre il mercato giapponese esige tonno con le carni rosa, quindi quei lividi e tutto quel sangue nel muscolo nel loro mercato non hanno senso. Si è dovuto cambiare anche il modo di lavorarlo per valorizzarne le carni, perché quel tonno che si vendeva a tremila lire ora si vende nove dieci euro al chilo. La macellazione avviene in mare, ovunque ci siano delle gabbie di allevamento. Quando si decide il tonno passa in una gabbia più piccola dove viene ucciso istantaneamente con un fucile che spara una palla di plastica (e non di piombo perché è tossico e potrebbe rovinare le carni) prima di tutto per bloccare le terminazioni nervose, così la morte è totale e il sangue si raffredda immediatamente e si dissangua senza che provochi processi putrefattivi.
A questo punto viene messo in acqua e ghiaccio per portare quasi immediatamente la temperatura vicino allo zero in modo tale da conservarne tutte le qualità organolettiche. Per farlo arrivare fresco al Tsukiji fish market di Tokyo, dove il prezzo può arrivare a cifre folli, viene spedito via aerea in grandi scatole immerso nel ghiaccio. Altrimenti viene tagliato e congelato e andrà sul mercato meno ricco di quello fresco ma altrettanto importante.
Questo è il mercato del tonno oggi che ci ha fatto perdere le tradizioni. Però visto dalla parte del pescatore che prima pescava una cosa che valeva poco, e che ora vale tanto e a quel valore aggiunto lui stesso ha partecipato. E la cosa che interessa alla nostra Associazione è che poi alla fine il nostro pescatore sia passato dalla povertà a essere un imprenditore.
Tokyo, mercato del pesce, asta di tonni |
Il povero consumatore come se ne accorge? Chi deve fare i controlli li deve veramente fare. A noi del mondo della pesca questo settore interessa non soltanto perché siamo convinti che la pesca illegale alla fine uccide la pesca stessa, e quindi combattiamo l’illegalità, ma anche perché se da un lato si dice che di tonno se ne è pescato troppo, è altrettanto vero che per consumarlo devi essere cosciente che c’è né poco e quindi lo devi pagare assai e lo devi gustare come una cosa rara.
Tokyo, mercato del pesce |
È fondamentale che ci siano controlli non soltanto nei confronti dei nostri pescatori, che sono già tartassati di controlli, ma che sian fatti anche al consumo, dove viene spacciato tonno diverso da quello che è realmente.
Che tonno ho comprato al supermercato? Se hai comprato tonno fresco è sicuramente illegale perché la pesca del tonno si è chiusa a giugno. Se è in scatola quasi sicuramente è pinna gialla se invece sull’etichetta è scritto Thunnus thynnus è tonno rosso del Mediterraneo. Ma questo significa anche che sul mercato c’è confusione. Tutto il tonno rosso dell’Atlantico e del Mediterraneo è sottoposto a quote, la pesca non è libera, i singoli paesi non possono pescarne quanto ne vogliono.
Tonni in gabbia |
Gabbia al traino: azione di disturbo di GreenPeace |
Quindi l’unica possibilità di trovare tonno rosso sott’olio è di trovare piccoli artigiani o privati che lo fanno in casa?
La cosa importante da capire è che la risorsa è sotto controllo, la pesca è limitatissima, tutto quello che è fuori da queste regole è illegale perché pescato da chi non è autorizzato. Quindi il dilettante che fa una traina e prende un tonno si mette nei guai. La cosa singolare in questo momento dove il mare è pieno di tonno (chiunque va per mare oggi e cala un amo è facile che prenda un tonno) non lo puoi avere pescato, non lo puoi tenere a bordo, e non lo puoi sbarcare se ti beccano il verbale è di duemila euro oltre al sequestro del pesce che viene venduto all’asta. Ti rendi conto che è un gran casino! In realtà il problema è che ci sono queste regole imposte dalla comunità internazionale a protezione del tonno che sono esagerate perché si è creato un allarmismo non giustificato, tant’è che oggi il mare è pieno di tonno, lo si capisce dalla gran quantità di sbarchi illegali ai quali assistiamo. I pescatori che vanno a pesce spada con possono spiegare agli ami quale differenza c’è tra uno spada e un tonno!
Noi riceviamo le lamentale o peggio i verbali dei pescatori che non volendo hanno pescato e issato a bordo un tonno da 80 chili. Ha faticato una giornata pescando solo quel tonno, come fai a convincerlo di ributtarlo in mare?
Gabbie “rancing” a Malta |
I tonni dei nostri ricordi della mattanze favignanesi da 4/500 chili si sono fortemente rarefatti. Se si mettessero in fila le classi di taglia vedrai che la base di questa ipotetica piramide è fata da taglie piccole, man mano che si sale aumentano le taglie ma diminuiscono i numeri. In testa ci metti le “taglie forti” da 5-600 chili che hanno raggiunto i vent’anni di vita, ma si contano sulla punta delle dita di una mano.
Quando in Italia si pescava il tonno c’erano moltissimi paesi mediterranei che non lo pescavano. La Libia, la Tunisia pescavano tonni fino a quando eravamo noi a gestirgli le tonnare. Paesi come il Libano e Israele non hanno mai pescato il tonno, perché non fa parte della loro cultura. Oggi invece Israele pesca Tonno, come Cipro, la Grecia e la Turchia. Tutti quei siti dove il tonno si poteva rifugiare scappando dalle centinaia di tonnare fisse siciliane, sarde e spagnole, aveva la possibilità di riprodursi e di tornare indietro insomma completare il suo ciclo biologico. Fino a che lo pescavamo soltanto noi era giusto e bello, ora, confessiamocelo, siamo un po’ egoisti. In un mondo globale tutto va visto su una scala enormemente più grande il che complica di molto le cose e magari fa perdere quelle tradizioni ed abitudini di una volta, così come le tonnare fisse siciliane e i grandi tonni da cinquecento chili.
Maurizio Bizziccari