Il mito dei Beken of Cowes raccontato dall'indimenticato Carlo Marincovich


Presentare la collezione dei calendari Beken 2011 e parlare della dinastia dei grandi fotografi della famiglia Beken of Cowes ci dà l'opportunità di ricordare e rendere omaggio a Carlo Marincovich a due anni della sua scomparsa (18 novembre  2008). Carlo, grande amico di Giulia e della Libreria, scrisse un articolo sul nostro mensile Il Mare per presentare la mostra sui Beken organizzata in occasione della manifestazione Amor di Mare che si tenne nel 1996 a piazza del Popolo. E, con un po' di emozione, nel ricordo di Carlo, lo riproponiamo. Ciao Carlo!

 “L’arte di guardare il mare è un’arte antichissima... che in epoca recente si è avvalsa anche delle nuove tecnologie inventate dall’uomo. Il nome di Beken, ad esempio, suscita ricordi in molte generazioni di velisti perché il signor Alfred Beken, farmacista e chimico di Canterbury, nel 1888 si era talmente appassionato alla nascente arte fotografica che si trasferì con la famiglia a Cowe sullisola di Wight, già allora celebre per le grandi regate che vi si svolgevano in estate. 
Aprì una bottega di farmacista sulla Birmingham Road, che è ancora oggi la strada principale della cittadina con tanti negozi legati al mare, alle barche, alla vela. Aprì bottega e cominciò a muoversi sull’acqua appostandosi sulla rotta dei grandi yacht di allora con un dinghy di 14 piedi. L’apparecchio fotografico che usava era un mammut imponente col quale era più facile scattare foto da terra che non da quel piccolo mondo galleggiante sulle onde. Così il figlio Frank, che ereditò arte, passione e business dal padre, si ingegnò per costruire un apparecchio più maneggevole. Una scatola di trenta centimetri per trenta, all’incirca, dentro la quale ad ogni scatto doveva introdurre una lastra fotografica di vetro di 20 per 25 centimetri. La scatola era di legno verniciato a coppale proprio per resistere alle intemperie e al clima salmastro; sulla parte alta c’era un visore col quale il fotografo studiava l’inquadratura; dalla scatola partiva un tubo di gomma con una peretta che Frank si metteva tra i denti e che schiacciava al momento dello scatto. La macchina infatti, per quanto piccola e maneggevole all’epoca, era sempre talmente grande da dover essere impugnata saldamente con due mani e così non restava che la bocca per fare clic..Con questa scatola magica Frank Beken e poi suo figlio Keith e suo nipote Kenneth, hanno costruito un archivio di oltre 200 mila foto diverse, tutte di yacht diventati famosi nel tempo. La messa a fuoco dell’obiettivo era rudimentale perché ci sarebbero volute altre due mani per ruotare una lente e rendere nitido il soggetto da fotografare. Così erano previste tre posizioni diverse a scelta: dinghy, yacht e liner, cioè piroscafi e navi. Per fotografare un dinghy bisognava andare vicini mentre per fotografare un transatlantico si poteva stare anche molto lontani. L’ammodernamento di questo sistema è avvenuto negli anni ‘70 quando il nipote Kenneth si mise in soffitta il mammut e passò ad apparecchi tipo Hasselblad e Rolleiflex e simili. Ma l’archivio e la stampa su carta sono ancora frutto di un alto artigianato chimico, con il laboratorio, gli acidi, i rivelatori, i fissatori, la carta colore seppia, la carta perlinata che danno ad una foto di “Beken and sons” un sapore antico di alta qualità. Al giorno d’oggi con la rivalutazione di un immenso patrimonio di barche d’epoca senza l’archivio della famiglia Beken sarebbe quasi impossibile ritrovare foto di queste barche nei giorni del loro massimo splendore.
Carlo Marincovich

I calendari Beken sono tutti nel formato 42x60 e costano 25 euro